Lasciare la CISL, a malincuore, per l'unità sindacale

È una lettera, questa, che non avremmo mai voluto scrivere e che abbiamo rimandato infatti di molto.
A lungo abbiamo sperato, auspicato, sollecitato in favore di una ritrovata unità sindacale che permettesse di recuperare – lo diciamo con recenti parole di quel grande padre del sindacato CISL che è stato Pierre Carniti – “non dico l’unità organica, ma almeno le ragioni di una unità d’azione sui grandi problemi, dai redditi alla disoccupazione”.
Questa ci sembrava il cammino da percorrere per fronteggiare una situazione estremamente complessa sotto gli occhi di tutti: una trasformazione del mercato mondiale che mette radicalmente in crisi il potere negoziale dei sindacati; nuovi assetti economici che colpiscono duramente i lavoratori di tutto il mondo; una anomalia politica ormai ventennale che caratterizza il nostro paese; una scelta miope di tagli indiscriminati che penalizza la scuola pubblica come mai prima d’ora nella storia della Repubblica.
Si è scelta da parte della CISL una strada diversa, la strada delle “dieci, cento, mille Pomigliano” che marca distanze abissali tra le differenti confederazioni; si è percorsa la strada della contrattazione sempre e comunque, anche in presenza di un governo come quello attuale che ha stravolto la necessità di azioni e provvedimenti per il paese in decisioni autoreferenziali a tutela di pochi quando non di uno solo.
È una strada che ha un alto costo non solo sociale ed economico ma anche antropologico ed etico, che implica una lontananza dai bisogni reali delle persone, l’aver assorbito una concezione della politica da farsi “sopra la testa” dei propri iscritti, in accordi tenuti volutamente separati e oscuri alla massa degli stessi aderenti al sindacato, cioè a coloro dai quali deriva la ragione e il mandato di rappresentanza.
È una strada che porta alla costruzione di una “casta” di privilegiati, come si usa dire con espressione inflazionata ma, ahimè, efficace. Non più la tradizionale ma significativa “politica come servizio”, ma un “servirsi della politica” per le proprie piccole carriere: dispiace accorgersi che, accanto a splendidi e fedeli esempi di volontariato, negli ultimi anni sempre più spesso questa sia stata una strada percorsa anche all’interno della CISL locale.
Quel po’ di ideali cristiani e sociali che ancora conserviamo dalla nostra giovinezza e che ci hanno fatto accedere alla CISL ora ci spingono a lasciarla, soprattutto per dire “così non va, non ci sembra questa la strada da percorrere”.
Le battaglie si fanno dal di dentro, ci siamo sentiti ripetere nel corso degli ultimi anni in relazione alle concertazioni sempre più impotenti nei confronti dell’attuale compagine governativa.
Concordiamo finché l’interlocutore è disposto ad ascoltare la nostra voce, ma quando questa continua a rimanere inascoltata fino alla implicita irrisione di istanze e richiami autorevolissimi – ci riferiamo per esempio ai recenti moniti sulla emergenza scolastica levatisi dal capo dello stato e da altissime figure religiose e culturali – sembra più dignitosa una protesta condivisa magari capace di recuperare la via interrotta dell’unità. Almeno, come ricorda Carniti, sui grandi temi e problemi del paese. Come l’educazione e la scuola.

Paola Bellandi
Stefano Bindi
Anna Capecchi
Mariangela Maraviglia
Patrizia Menichi
Romilda Saetta