Francesco, azione e testimonianza del messaggio evangelico – di Giacomo Galeazzi

Il binomio azione-testimonianza è chiave di lettura del pontificato di Francesco. Nel solco del Concilio. E dei suoi predecessori. Durante il Grande Giubileo del 2000, Karol Wojtyla disse: “Una nuova stagione si apre dinanzi ai nostri occhi. E’ il tempo dell’approfondimento degli insegnamenti conciliari. Il tempo della raccolta di quanto i Padri conciliari seminarono. E la generazione di questi anni ha accudito e atteso. Il Concilio ecumenico Vaticano II è stato una vera profezia per la vita della Chiesa. Continuerà ad esserlo per molti anni del terzo millennio appena iniziato”. Sulle orme del suo predecessore polacco da lui canonizzato, Francesco prosegue il cammino.
Francesco esorta “pastori e fedeli laici ad avere nel cuore la stessa ansia di vivere e attuare il Concilio. E di portare al mondo la luce di Cristo”. Ogni papa ha una sua personalità. E un suo stile irripetibile.

Nel pontificato di Jorge Mario Bergoglio colpisce il modo di presentarsi e di comunicare. Molto semplice e spontaneo. Emerge l’attenzione all’aspetto pastorale. Una Chiesa che viene incontro alla gente.Francesco ha ricreato molto dell’atmosfera di entusiasmo che si creò all’inizio del Concilio Vaticano II. Una comunità si metteva in movimento. L’Ecclesia abbandonava atteggiamenti ingessati nei secoli. Viene in mente quanto affermato dal cardinale Carlo Maria Martini. Sul nuovo spirito del Concilio. Frase travisata dai mass media. Come fosse un invito ad indire un nuovo Concilio. Ma il cardinale Martini lo smentì almeno due volte. Non auspicava nuovi Concili. Anche perché, aggiungeva, non è stato ancora digerito il Vaticano II.

C’è bisogno nuovamente di entusiasmo e fiducia in una Chiesa che sa rinnovarsi. Come avvenuto al Concilio. Prima della flessione nel post Concilio. In America, in Asia, in Africa e in Oceania la fede cristiana è arrivata più di recente. E ha favorito lo svilupparsi di una liturgia che risulta più vivace. Di un desiderio di fare comunità più sentito. Di un ruolo dei catechisti e dei laici più sviluppato. Davanti a questo panorama è chiaro che in Europa la fede sembra congelata. E il Concilio attuato poco. In Europa le Chiese sono molto sulla difensiva. E si incentrano sulla preservazione dell’esistente. Quasi fossero meno fiduciose sull’opera di Dio nella storia.
Francesco è simbolo di questa vitalità delle nuove chiese extra-europee. E dello spirito latinoamericano. Più che della esatta formulazione dogmatica, tanto cara agli europei, si preoccupa di altro. Ossia della traduzione in azione e testimonianza del messaggio evangelico.Non a caso Francesco ha voluto che la Porta santa della basilica vaticana fosse aperta proprio l’8 dicembre 2015. Cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio. La nuova evangelizzazione è ripartita da lì. Dal Giubileo della misericordia. E affonda le sue radici nel cuore antico della mistica cristiana.

Viviamo l’era dei social network. La tecnologia accorcia le distanze geografiche. Ma cresce il rischio di allungare quelle personali. Risulta più che mai attuale una riflessione. La scrisse negli anni 60 anni fa Karl Rahner, con profonda intuizione. “Bisognerà dire che il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà cristiano”, profetizzò il teologo gesuita. Per mistico intendeva “una persona che ha sperimentato qualcosa.

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