Il sostantivo popolo – di Erri De Luca

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Gli stupri sono crimini di guerra. Vengono però giudicati in base a responsabilità individuali, anche se commessi dietro licenza concessa dai comandi. Per motivare i soldati impegnati in battaglie casa per casa, rischiose e imprevedibili, si da loro licenza di stupro e di saccheggio. Sono crimini di guerra commessi da militari in uniforme, agli ordini di una gerarchia, ma ne risponderanno da singoli, come atti di criminalità privata. Il diritto internazionale è riuscito a arrivare fin qui. Prima lo stupro non era un crimine di guerra.
Le aule scolastiche di una città Ucraina vicina al confine rumeno sono trasformate in alloggi. Donne con bambini, in fuga da Mariupol, Kiev, Irpin: diverse centinaia stanno nelle stanze dove i letti hanno sostituito i banchi. Non vogliono spostarsi oltre, in esilio. Aspettano che finisca. Guardano il nostro piccolo gruppo di italiani, salutano, sorprese della visita. Aspettano notizie di chi è voluto rimanere nelle città bersaglio. Sanno tutto di vite perdute, di case distrutte, di infamie. Nessuna piange, strepita.
Appartengono a un popolo. Chiamo con questo nome il sentimento di chi vede negli altri intorno l’immagine di se stesso e non fa distinzione tra se e loro, perché coinvolti nel destino comune, assorti nei medesimi pensieri.Si diventa popolo nei momenti che coinvolgono la sopravvivenza e la libertà. La resa all’invasore non è solo esclusa, è impensabile. Si diventa popolo quando i singoli serrano le fila e assumono la responsabilità di una lotta comune per la vita. Oggi l’Ucraina non è un luogo, è il nome di un popolo accampato in uno dei deserti della storia.

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