F 35, diamoci un taglio – di Roberto Ciccarelli

La mozione contro il programma degli F35 presentata ieri in una conferenza stampa alla Camera dal «gruppo interparlamentare per la pace» potrebbe essere il primo atto politico condiviso tra 158 deputati del movimento Cinque stelle, di Sinistra Ecologia e Libertà e una pattuglia di 14 coraggiosi dissidenti del Pd larghe intese che non si sono presentati davanti alla stampa. Si dice che abbiano ricevuto pressioni dai vertici del loro gruppo parlamentare che avrebbe bloccato il desiderio di altri 20 di firmare la mozione pacifista. Sempre che nel frattempo le cannonate sparate da Beppe Grillo contro Sel e Rodotà non lacerino il tessuto di rapporti che già martedì 4 giugno potrebbe ampliarsi.
Da quanto si è appreso ieri dalla conferenza dei capigruppo alla Camera, i Cinque stelle presenteranno con Sel una mozione sull’abolizione della Tav Torino-Lione. Sarà discussa in aula insieme a quella contrapposta dal Pd e dal Pdl favorevoli alla grande opera. Sulla base di questa intesa nascente tra i gruppi parlamentari dell’opposizione potrebbe essere presentato un atto parlamentare congiunto anche sul reddito minimo. Questo hanno assicurato ieri i parlamentari presenti in conferenza stampa.

La mozione sugli F 35 intende impegnare il governo Letta a fermare l’acquisto di 90 cacciabombardieri di quinta generazione «Joint strike fighter». La spesa complessiva prevista pr l’Italia è di 12,9 miliardi di euro. Solo nel 2013 il governo staccherà un primo assegno da 4 miliardi per un progetto, si legge nel testo della mozione, che ha un costo complessivo stimato di 396 miliardi di dollari, anche se nessuno allo stato attuale è in grado di quantificare il costo finale dell’intero progetto, e quindi di ogni singolo aereo stimato intorno ai 190 milioni di dollari.
Per l’economista Giulio Marcon, deputato di Sel, con i 4 miliardi preventivati per il 2013 si potrebbe abolire l’Imu sulla prima casa, mettere in sicurezza 8 mila scuole, fare 3 mila asili nido e garantire la metà dei costi di un reddito minimo per un anno. «Di fronte alla crisi – ha detto – è una scelta folle e insensata spendere questi soldi per gli F 35. L’Italia può fare a meno dei caccia, ma non degli ospedali, di scuole di qualità o della lotta alla disoccupazione giovanile». Quanto al Pd, determinante per dare un peso decisivo alla mozione, Maria Edera Spadoni del M5S si è augurata che dia «un appoggio totale. Questi soldi potrebbero essere utilizzati per attuare la convenzione di Istanbul o per la messa in sicurezza dei territori».
Secondo il Consiglio nazionale dei geologi, dal 1996 al 2008 sono stati spesi in Italia più di 27 miliardi di euro per prevenire o per rimediare ai dissesti idrogeologici o ai terremoti. Una spesa imponente che non basta a garantire la sicurezza di 6 milioni di italiani che abitano nei 29.500 chilometri quadrati considerati a rischio. In queste zone sono oltre un milione gli edifici a rischio frane e alluvioni, di questi ben 6 mila sono le scuole e 531 gli ospedali. La cancellazione degli F 35, ma anche della Tav e delle altre grandi opere, procurerebbe alle casse dello Stato le risorse finanziarie per garantire l’agibilità statica al 29% dei 42 mila edifici scolastici esistenti, mentre al 60% le più elementari norme di sicurezza come le scale d’emergenza o le porte anti-panico. In teoria sarebbe quello che vorrebbe fare il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza che tuttavia non si è mai soffermata sui modi per recuperare queste risorse. In campagna elettorale il Pd aveva indicato la cifra di 7,5 miliardi di euro per mettere in sicurezza le scuole. Più che la cancellazione degli F35, il governo sembra pensare ai fondi dai 10-12 miliardi liberati dalla conclusione della procedura d’infrazione sul deficit, dai fondi della programmazione europea 2014-2020 e da alcune deroghe al patto di stabilità da discutere al vertice europeo di fine giugno. Sul campo ci sono dunque due modi per finanziare il welfare e l’istruzione. Quello del Pd che si concentra nella ricerca di una deroga ai meccanismi dell’austerità, e non sembra volere ridiscutere il programma degli F35, e quello di M5S-Sel che impone un ripensamento dei modelli di difesa e di sviluppo. L’esito di questo confronto dipende dal governo Letta, chiaramente orientato – lo ha ribadito ieri il ministro della difesa Mario Mauro a Uno mattina- a finanziare l’acquisto di aerei e fregate per i prossimi 30 anni. La mozione dell’opposizione riserva, infine, una stoccata a chi ritiene che l’acquisto degli F 35 avrà ricadute occupazionali sull’industria militare italiana. Le stime ufficiali parlano dell’arrivo di 10 mila nuovi posti di lavoro, mentre secondo i sindacati sarebbero solo 2 mila posti, frutto del ricollocamento dei lavoratori impegnati nella costruzione di un altro caccia, l’Euro-Fighter.
La mozione parlamentare ha ricevuto l’appoggio della rete disarmo e di Sbilanciamoci che hanno raccolto 78 mila firme e 80 ordini del giorno degli enti locali come la Toscana o l’Emilia Romagna a sostegno della chiusura del dossier F 35.

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