Fino a quando?

16 settembre 2012
Gli italiani, (i greci, gli spagnoli, i portoghesi, gli irlandesi…) abbiamo vissuto per troppo tempo al di sopra delle nostre possibilitá.
Quante volte ce lo siamo sentiti ripetere in TV da economisti o da manager dal volto contrito, e poco importa se mediamente chi lancia quel monito ha un tenore di vita nettamente superiore ai destinatari?
L’ importante é che passi il messaggio: “finita la cucagna, care le mie cicale”, un detto che ho ascoltato da alcuni anziani, memori di sofferenze giovanili. Adesso segue il tempo dell’ espiazione, del risanamento che contempla per sua stessa natura la sopportazione di sacrifici, l’ autodisciplina.
La nuova elite governante, come non chiamarla cosí, é portarice di un codice morale adeguato al tempo della recessione prolungata, il debito pubblico che ci sovrasta é una grande colpa collettiva, solo onorandolo, garantendo cioé ai mercati la nostra salvabilitá, potremmo aspirare ad una riabilitazione. L’ insolvenza, cioé il mancato pagamento degli interessi sul debito, per quanto mostruoso possa esserne il carico, e per quanto depressivi possano risultarne gli effetti sulla vita reale delle persone, viene presentata a noi come una vergogna, se non come un crimine.
Qui l’ economia pretende d’ imporsi come etica, e pazienza se il Padre Nostro recita, “rimetti a noi i nostri debiti cosí come noi li rimettiamo ai nostri debitori”, e pazienza se la Bibbia contempla la regola del Giubileo che ogni sette anni cancellava i debiti, e ogni venticinque faceva ritornare la terra a chi l’ aveva persa.
La religione del capitalismo adora un Dio-Finanza che si abbevera del nostro senso di colpa di fronte all’ oggettivitá delle aspettative dei mercati. Quelli non sono in grado di pagare? Insieme al denaro perderanno l’ onore e diminuiranno i loro redditi.
Ida Dominijanni, giornalista, scrive sul Manifesto, (tutti dovremmo leggerlo per la libertá e la provocazione analitica che quotidianamente esercita) sostiene che sono due facce della stessa medaglia, l’ etica gaudente di Berlusconi che colonizzava i nostri desideri, e l’ epoca sacrificale di Monti che implica il senso di colpa per conseguire rigore e autodisciplina. Godimento e penitenza!
Non é solo un esercizio del potere che si adegua alla congiuntura economica. Stiamo parlando delle nostre vite, della psiche umana assoggettata per mezzo dell’ ossessione del debito che incombe su di noi.
Colpisce in special modo, anche se ne parlo malvolentieri, il fenomeno degli imprenditori che si tolgono la vita a seguito del fallimento delle loro aziende, cioé dell’ oppressione del debito. Come gli operai che si tolgono la vita, perché perdono il lavoro.
Le statistiche sono inquivocabili nel descriverci un incremento di questi atti di disperazione.
Che strano. In Italia é rarissimo, il suicidio di un politico o di un finanziere coinvolto in uno scandalo. Per quanto degradanti si manifestino le ruberie, l’ abuso dei privilegi, penso ai nostri parlamentari, le menzogne scoperchiate, il senso di vergogna dei protagonisti della nostra scena pubblica non pare traumatizzarli quanto invece ferisce gli imprenditori e i lavoratori che perdono stabilitá e benessere. Quasi che apparire ladro fosse meno disdicevole, nella nostra societá, che risultare insolvente.
No importa se il nostro diritto prevede (in teoria) il carcere per i ladri, non per i debitori. L’onta della inadeguatezza, la perdita dello status, il debito come disonore, uccidono piú della corruzione manifesta.
Il guaio é che il sistema finanziario si nutre di questa reiterata imposizione del debito, che sia privato o pubblico, senza cui verrebbe meno anche il guadagno.
Ma siamo proprio sicuri che verrebbe giú il mondo se un governo decidesse che pagare gli interessi sul debito non é per forza una missione prioritaria, come ha fatto l’ Argentina?
A quando l’ equitá promessa da Monti?
A quando la legge sulla corruzione?
A quando il ripristino del falso in bilancio come cancro della socieá’, e di conseguenza punirlo severamente?
Perché tanta unitá in Parlamento per i sacrifici dei “tanti” immediatamente e facilmente rintracciabili a cui é fin troppo facile prendere i soldi (lavoratori dipendenti e pensionati), e tanta tiepidezza e inconcludenza nell’ affrontare i privilegi della minoranza ricca e agiata?
A quando la patrimoniale?
Siamo certi che questa non risulti ancora un “tabú”, per motivi elettorali all’ interno di tutti i partiti?
A quando porsi in ascolto del dolore delle vittime?
Scusate il disturbo!

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