Inno all’innocenza – Christoph Baker

Perché dobbiamo diventare adulti? La mia domanda non è una boutade detta alla fine di una cena ben annaffiata, ma un quesito che mi pongo da un vita. Perché è francamente desolante vedere quel che “gli  adulti” combinano sulla nostra amata Terra.

In nome di una ragione che sfugge al buon senso, e per causa di paure ataviche, l’uomo ha prediletto uno sciagurato senso di sicurezza, un sistema di certezze da tramandare da padre e madre in figlio e figlia, attraverso un indottrinamento continuo e onnipresente.

Se guardo indietro lungo il fiume tranquillo della mia vita, tanti sono i momenti in cui sono stato obbligato ad abbandonare i sogni, le utopie, le intuizioni, per adeguarmi ai diktat della società degli adulti. Non avessi conosciuto delle donne e degli uomini che si sono ribellati, o a volte semplicemente sottratti a questa condanna, non sarei qui a chiedermi perché dobbiamo diventare adulti. La mia curiosità sarebbe stata ammazzata da un bel po’, se intorno ci fossero solo adulti.

Per fortuna, non è così.

Vorrei iniziare questa riflessione, però, non parlando dell’infanzia, perché il cliché del bambino puro e immacolato è una delle armi predilette per forzarci a una certa età, a voltare le spalle al mondo spontaneo e meraviglioso che viviamo, per incanalarci dentro i binari razionali e abietti della normalità. Per vigliaccheria, penso. Perché la vera vita fa paura al piccolo animale umano. Allora nei millenni, egli si è costruito l’illusione di essere più forte e più furbo delle altre forme di vita. Di avere l’intelligenza che gli altri esseri viventi non avrebbero. Ma per gestire un tale complesso di superiorità, l’uomo ha sacrificato i proprio misteri, le proprie fantasie, i suoi grandi perché…

Essere adulti vuole dire infatti farsi violenza. E fare violenza. L’atteggiamento dominante degli adulti è l’autoritarismo. Ogni religione, ogni sistema educativo, ogni organizzazione si basa su una serie di regole e di sanzioni che mirano tutte al controllo dell’uomo e alla sua subordinazione. Allora, si comincia presto a indicare delle verità, dei modi “corretti” di vivere, delle cose che si possono fare e altre che non vanno bene. Si costruiscono delle scale di valori morali che hanno il denominatore comune di asservire gli uomini, di farli rigare dritto nella direzione imposta da chi detiene il potere.

Ma è terrificante rendersi conto a un certo punto, che questo potere, se ce l’hanno in mano apparentemente pochi uomini, invece esiste proprio perché la stragrande maggioranza della gente questo vuole. Perché dà sicurezza, tranquillizza, rimanda per sempre le vere interrogazioni e i dubbi profondi che uno nutre sulla vita. Accettare di diventare adulti è la prova lampante che uno non ha il coraggio di aprire le braccia alla vita, all’incognito, al caos. Da dove viene questa vigliaccheria? Perché sembra inevitabile che,  a un certo punto della propria crescita umana, uno debba chiudere la porta sugli anni meravigliosi vissuti allora e diventare un misero soldato di un esercito di perdenti, che fanno sì con la testa e dicono grazie, anche quando prendono calci sui denti? Quand’è che abbiamo sbagliato tutto?

Dicevo della violenza. Perché è veramente terrificante vedere quel che fanno per esempio i genitori ai propri figli. A volte in modo talmente subliminale che manco se ne accorgono i genitori,… ma i figli sì! Altre volte invece, la crudeltà è fredda, micidiale. Ma si tratta sempre di scorciatoie. Ecco, l’adulto è uno che non prende mai il tempo di andare fino in fondo a una cosa. Alle prime contraddizioni, tira fuori la pistola e comincia a sparare. Sentenze, leggi, teorie, credo, diktat, definizioni. Ti credo che ci arrendiamo a un certo punto, asfissiati dalla mancanza di sogni, di pura meraviglia, di stupore. Tutto è organizzato, tutto è sistemato, tutto è programmato. Tutto puzza di morte. Ma anche il naso, un giorno, si arrende…

Non ho mai capito come si è deciso, per esempio, che a diciott’anni suonati un “minorenne” diventa “maggiorenne”? Cosa vuol dire? Che c’è una legge naturale che ti trasforma in un giorno da grande godereccio della vita in piccolo soldato obbediente? Che tutta la saggezza accumulata in anni di scoperte, di passioni, di dolce follia si spengono in un attimo come un fiammifero consumato, e che l’attimo dopo c’è posto solo per gli ordini e le bastonate? Ma che è questa boiata? O c’è un difetto di fondo che -come negli elettro-domestici attuali- rende l’essere umano libero obsoleto a diciott’anni, e nell’officina lo rimpiazzano con dei pezzi di adulti? Leva la creatività, la curiosità, la spontaneità, la fantasia, e riempie ‘sto corpo e ‘sta mente di fandonie, bugie, compromessi, ragionevolezze, resa e depressione!

Mah…

Da alcuni anni sono nonno. Spero di esserci arrivato senza diventare del tutto adulto. Anche se mi rendo conto di avere una fedina penale abbastanza sporca, comunque. Dovrei confessare tutte le volte che ho usato la mia “autorità paterna” quando bastava pazientare un po’… tutte le volte che ho ascoltato grandissime scemenze, ma non ho avuto il coraggio di interrompere chi le pronunciava… tutte le volte che sono stato al gioco del più forte, per quiete vivere… tutte le volte che ho rimandato la partenza quando il mio cuore gridava “voglio la libertà”. Ma ecco, sono nonno e ho scoperto che questo dato anagrafico è liberatorio. Seduto per terra con le mie nipotine a divertirci con un gioco o con idiozie varie, tutto a un tratto, svaniscono strati e strati di immondizia mentale e comportamentale e si respira un’aria nuova, che ti ricorda qualcosa…

Ma sì, ecco! È l’innocenza!

Quella dimensione favolosa della vita, sgombra da calcoli, giochini di potere, meschinità, colpi bassi, tradimenti. Una dimensione che per definizione rimane intatta attraverso gli anni. Qualcosa di ricco e bello. Di profondo e leggero allo stesso tempo. Di rigenerativo e di eccitante.

L’innocenza non è un stato d’animo legato all’infanzia, e che si perde con le complicazioni della vita, con la pubertà, la maggiore età, la genitorialità, le responsabilità sul lavoro; una specie di Eldorado che siamo comunque condannati a perdere prima dell’età adulta, perché non regge al confronto con le esigenze dell’esistenza umana. Non ci credo. Credo piuttosto che l’innocenza sia un luogo dove approdare, e che anzi, proprio perché non è una dimensione circoscritta all’infanzia, sia uno stato d’animo da raggiungere lungo la strada tortuosa della vita.

Come tutte le cose belle della vita, l’innocenza è una cosa fragile. Va quindi “conquistata” con alcuni principi di fondo: l’onestà, la pazienza, il rispetto, la condivisione. Tutte cose che sappiamo avere dentro di noi, alla portata della nostra volontà, della nostra consapevolezza. Serve umiltà, lentezza, prudenza. Non si può invadere il campo con gesti rozzi, preconcetti o cercando un tornaconto. Qui si tratta di riscoprire sentimenti puri e delicati,. emozioni vere, sensazioni incontaminate. Perché l’innocenza è uno stato d’animo immacolato, che muore alla prima manipolazione, al primo tentativo di approfittarne.

Ma, una volta approdato sulle rive dell’innocenza, uno comincia a sentirsi meglio, pacifico, calmo. Le tensioni, le battaglie, le prevaricazioni spariscono lentamente. L’innocenza caccia via i pensieri malefici, il rancore, la sete di potere, le falsità e i pretesti. Non sa che farsene della forza e della violenza. E aiuta noi poveri uomini ad avere un po’ meno paura della vita e della morte.

Allora, uno vede più chiaro nella propria esistenza. Ci si rende conto del tempo perso a inseguire falsi miti, miraggi inutili, teorie micidiali. Si vede quanto è inutile aggrapparsi a certezze fasulle, sicurezze artificiali, conformismi auto-punitivi. L’innocenza getta una nuova luce sulle cose della vita, una luce più chiara, ma anche più dolce. Ci invita ad aprire le braccia e il cuore senza timori, ad andare incontro agli altri con curiosità tranquilla, senza ragioni da difendere, né concetti da insegnare. Ci spinge a smantellare le gabbie mentali e spirituali in cui ci cacciamo troppo facilmente, per paura dell’ignoto.

L’innocenza diventa una sorgente di forza interna. Ci aiuta a resistere alle tentazioni di sopraffazione e di dominio sugli altri. Ci indica una strada ripida, certo, ma luminosa e inebriante, ci parla di un mondo che non deve per forza essere un campo di battaglia, ci accompagna lungo il baratro e lo strapiombo senza farci vacillare. Ci protegge dall’avidità, dalla superbia, dall’intolleranza, dal pregiudizio.

Perché l’innocenza non sa che farsene dei calcoli di potere o di convenienza. E’ uno stato d’animo semplice, integro, profondo, che aiuta ad affrontare le tempeste della vita con la maestria del vecchio capitano di lungo corso. Ci prende per mano e ci spinge all’incontro con il diverso, perché l’innocente non ha niente da perdere, niente da rischiare, invece tutto da guadagnare. L’innocenza è una forza che si rigenera nel momento in cui la si vive.

Allora, vale ben la pena di lottare per riconquistare la nostra innocenza. Lottare contro il cinismo dilagante, contro la legge del più forte, contro le scorciatoie violente, contro l’omologazione al pensiero unico. Dire basta alle bugie manipolatrici, ai falsi dogmi, ai miseri calcoli di convenienza. Sapere resistere al richiamo del clan, del sangue, della tribù che vogliono farci pagare per peccati non nostri.

Soprattutto, l’innocenza ci parla di un mondo dove il dare e il ricevere si fanno senza retro-pensiero. Dove la storia degli altri è importante quanto la propria, dove è pacifico che possiamo dissentire, senza per questo andare alla guerra. L’innocenza ci permette di vedere i nostri dubbi, le nostre paure, le nostre insicurezze per quello che sono: compagni di strada, compagne di vita.

In fondo, l’innocenza ci aiuta a non cascare nella trappola della comodità, del “fare come fanno tutti gli altri”, dell’abbandono delle proprie utopie. In questo, ci garantisce che avremo tanto dalla vita, tanto dagli altri, e che ogni esperienza arricchirà il nostro tesoro affettivo e vitale.

Lasciate che ve lo dica un nonno: se non avessi ancora la mia innocenza, forse non avrei mai potuto scrivere parole come queste…

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