Editoriale del numero 105

È una distruzione senza fine. Continuano i raid israeliani sul cielo di Gaza, dal mare e via terra. Un’altra vera guerra contro un popolo inerme. Le terrificanti fotografie e le scene televisive che si possono osservare, indubbiamente non sono che la spia degli orrori che, quotidianamente, vengono perpetrati. Una grande corrente oggi percorre la nostra storia e porta un nome terrificante: guerra!
Ci siamo abituati a pronunciarlo con disinvoltura. La guerra infuria in Medio Oriente, miete vittime, innesta rancori: da noi però giunge solo da uno schermo o da pagine di giornali.
Troppo poco per coinvolgerci fino in fondo.
Troppo poco perchè possa influire sulla mentalità ed esigere un balzo che muti i meccanismi che la generano.
Troppo poco da parte degli organismi internazionali che denunciano orrori ma poi come i bambini molto piccoli si coprono gli occhi convinti di nascondersi.
Troppo poco perchè guerra è lacerazione: due lembi divisi, irrimediabilmente divisi. E questa lacerazione si allarga alla Madre Terra con tutto l’inquinamento che comporta una guerra: aria, falde acquifere, raccolti distrutti ecc…
Penso alla Madre Vita, distrutta, indipendentemente dalla religione che si professa. È il crimine più grave. Crimine non colpito da sanzioni di legge quando si riesca a proclamarsi vincitori. Innocenti o aggrediti? Sangue è sangue.
Penso a quell’ulivo piantato nel Giardino della Pace in Vaticano. Non è stata una mossa diplomatica e ancor meno un ingenuo appello, è stato un grido che deve lacerare la nostra coscienza. Non solo quella civica che domanda ai governanti le soluzioni ma comprendere che la nostra coscienza deve cambiare. Il terreno non è il fronte di guerra ma la relazione quotidiana che intessiamo con i nostri vicini. Se saremo in grado di seminare pace. la pace rimbalzertà in tutto il mondo. Quando saremo consapevoli del potere dei nostri pensieri e delle nostre azioni nel microcosmo del nostro vivere, allora saremo anche consapevoli del rimbalzo che potrà sanare e fermare ogni azione di guerra. Troppi interessi dominano il nostro mondo, Basterebbe chiedere di pubblicare e diffondere i bilanci delle industrie belliche, i guadagni che nascono dietro le guerre altrui. Se questa folle corsa agli armamenti continua, sfocerà in un massacro di cui la storia non ha mai visto l’uguale. A tal punto, che se pur ci sarà un vincitore, la vittoria stessa sarà una morte vivente per la Nazione che uscirà vittoriosa.
Nel 2013 il bilancio totale del commercio delle armi ha raggiunto i 1.750 miliardi di dollari. Queste spese per sofisticate armi di aggressione o di difesa potrebbero, sovrabbondantemente, sconfiggere la fame che ormai serpeggia anche nei nostri paesi del Nord ricco, per le difficoltà in cui versiamo.
Il dolore dovrebbe segnarsi indelebilmente su quelle banconote e impedirne l’uso.
La coscienza di chi progetta armi, di chi ne finanzia la produzione -penso alle nostre banche armate- è mai stata attraversata da un dubbio, da un rimorso? Si può distruggere, ammazzare, per far lievitare i loro conti in banca? Papa Francesco ha proclamato con forza che il denaro è lo sterco del diavolo. Che Gesù non aveva una banca? Allora?
Come, in concreto, ognuna e ognuno di noi può impegnarsi contro ciò? Papa Francesco nel Giardino della Pace in Vaticano ha detto con forza che tutto è consegnato nelle mani dei due leader.
Di conseguenza la pace e nelle mani di ognuno di noi. Usiamole.
il Direttore

Due terzi di questo numero contengono gli atti del 25° Convegno della Rete, svoltosi a Rimini dal 25 al 27 aprile scorso, avente per tema: “50 anni di Rete. Il presente della solidarietà tra memoria e futuro”. Di conseguenza questo numero non contiene le consuete rubriche. Alcune sono state trasformate in articoli, dal momento che sviluppano tematiche concrete di queste settimane. E’ ridotto anche il numero dei consueti articoli. Ci scusiamo con i nostri collaboratori.

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