Sulla neve – di Erri De Luca

Salgo da Misurina al Monte Piana dove per due anni austriaci e italiani fecero guerra senza riuscire a sopraffarsi. Non fu pareggio, ma reciproca decimazione.
Salgo versanti arati dalle artiglierie, nessuna traccia degli squarci, i boschi hanno ricoperto i vinti. Qui nessuno vinse, tutti subirono sconfitta, ventenni senza seguito di età.
Risalgo dopo un secolo i boschi di conifere. Scricchiolano gli scarponi sulla neve gelata, unico suono. Intorno orme di cervi e caprioli, in alto il sole illumina i pendii. Non metto ancora occhiali a protezione, non ce n’erano allora.
Qui la guerra fu più intrusa che altrove, fu superflua e assurda più che in pianura.
Salgo a zaino leggero, il freddo del primo mattino è un’ombra che non morde il corpo, i panni addosso lo tengono fuori. Non fu così per chi passò gli inverni nelle trincee sotto tiri di artiglierie e crolli di valanghe.
Salgo per una gita all’aria aperta, ma nei pensieri c’è un pellegrinaggio. Quassù la vita è stata bestemmiata. Ora è solo bellezza e il privilegio di passarci sopra.
Intorno vanno e vengono slitte a motore con passeggeri diretti al rifugio. Noleggiano slittini per tornare in discesa.
Proseguo, arrivo: in cima il Monte Piana è una distesa. Un ceppo sta a ricordo di vite non tornate indietro. C’erano trincee opposte, reticolati, tra il 1915 e il 1917 del più micidiale dei secoli. Una stesura bianca di sudario impone  la sua segreta volontà di cancellare. Qui la montagna fa da cassazione, manda assolti i vinti, ignora i vincitori.
Mi fermo poco per non raffreddare la macchina del corpo. Metto i passi in discesa su quelli lasciati dagli altri.
Alla prossima neve sarà pure per noi come non fossimo stati.

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