Silvia e l’Islam – di Tahar Ben Jelloun

La conversione all’islam di Silvia Romano pone diversi interrogativi. Il primo consiste nel sapere quali rapporti intrattenevano con lei i jihadisti somali del gruppo al-Shabaab, che l’hanno rapita il 20 novembre 2018 nel Sudest del Kenya. Dopo la sua liberazione, la ragazza ha dichiarato che «sono stata forte e ho resistito». Ma quando si resiste non si sposa l’ideologia o la religione del proprio carnefice. Che cosa è successo nello spirito di questa giovane operatrice umanitaria durante i 536 giorni della sua prigionia? Perché ha scelto l’islam? Dice che è una scelta libera. Dobbiamo crederle. Ma una domanda sorge spontanea: perché aderire a questo islam che rapisce, terrorizza e ti priva della libertà gettando in una grande angoscia la tua famiglia e i tuoi cari.

Silvia Romano è comparsa in tenuta islamista, vale a dire la tenuta di un islam rigorista, integralista e antioccidentale. Il velo, l’ibaya (una sorte di djellabalunga) sono dei simboli recenti di un islam duro, un islam protestatario e identitario. E l’islam che anima una parte dei ragazzi delle banlieues che sono partiti a combattere nelle fila dello Stato islamico in Siria e in Iraq.

È normale che si possa essere sedotti dai testi religiosi. La lettura intelligente del Corano può essere un arricchimento intellettuale e spirituale. Bisogna però evitare di farne una lettura letterale, cioè gretta e intollerante. Il rito dominante in Arabia Saudita, in Qatar e in diversi altri Stati è il rito wahhabita, dal nome di un teologo del XVIII secolo, Mohammed ‘abd-al Wahhab, che propugnava un islam di un rigore assoluto: al ladro si mozza la mano, alla moglie adultera si taglia la testa e così via.

Il gruppo al-Shabaab agisce in nome di questa ideologia dell’intolleranza totale e spietata. I giovani che compiono questi atti terroristici sono dei jihadisti, cioè dei militanti pronti a sacrificarsi per far trionfare l’islam in ogni parte del mondo. Nell’islam, la parola jihad ha due significati: il primo consiste nel pretendere dal credente che faccia uno sforzo su di sé per superare il suo egoismo e le sue debolezze. È un significato nobile e umanista. Il secondo significato sta a denotare la lotta contro l’aggressore: si parte per il jihad quando il Paese o la religione sono sotto attacco e rischiano di crollare. È il secondo significato a essere in voga oggi tra gli islamisti armati, che siano i Talebani in Pakistan, i soldati dello Stato islamico o i semplici militanti per la causa di un islam identico a come comparve nel VII secolo in Arabia Saudita.

Allora, come e perché una donna moderna, occidentale, che è stata privata della libertà e non sa se la sua vita sarà rispettata, ha potuto scivolare verso l’islam? Spesso i convertiti abbracciano una religione e vi si dedicano anima e corpo, al punto di non avere più nessuna distanza fra i testi e la fede, fra lo spirito e la lettera. Ora che è stata liberata Silvia proseguirà il suo progetto umanitario o cercherà di diffondere intorno a sé un islam scoperto in condizioni quanto meno strane?

Silvia Romano è diventata Aisha, in riferimento alla moglie del profeta Maometto, la figlia del suo fedele compagno Abu Bakr, scelta quando aveva soltanto 9 anni e sposata appena cominciò ad avere il ciclo. Aisha era la sposa preferita del profeta. Ebbe una grande influenza su di lui e quando rimase vedova condusse una guerra senza quartiere contro le tribù che contestavano il messaggio dell’inviato di Dio. Fu una donna eccezionale e per questo il suo nome è così diffuso nel mondo islamico.

Silvia/Aisha è diventata un personaggio che confonde le piste. Convertirsi a una religione dopo una riflessione matura, con cognizione di causa, per convinzione vera e profonda è una cosa assolutamente normale e ammessa. Ma convertirsi dopo aver passato così tanti mesi sotto la pressione di mercenari che utilizzano l’islam come copertura per estorcere denaro a uno Stato, è una scelta che apre un dibattito. L’isolamento, il terrore, la paura di essere uccisi sono ingredienti che a volte perturbano la ragione e la libertà di spirito. Non pensi più allo stesso modo quando sei libero e quando sei privato di ogni libertà, con in più la minaccia di perdere la vita. È un’angoscia profonda quella che probabilmente ha dettato a Silvia una scelta del genere. Ora è libera sia di accettarla consapevolmente sia di liberarsene.

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