Congo: bomba su bomba – di Donata Frigerio

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Tratto da “La bottega del Barbieri”

da Goma: 16-20 agosto 2013

PREMESSA DELLA BOTTEGA

Casomai non lo sapeste, il Congo per risorse naturali è il luogo più ricco del mondo: per questo qualcuno ci porta sempre la guerra e per questo noi gente qualsiasi non dobbiamo sapere chi arma, chi rapina, chi stupra, chi uccide, chi nasconde…

Venerdì 16 agosto

Antonello Venditti molti anni fa cantava «bomba su bomba arriveremo a Roma». Ora mi chiedo se «bomba su bomba qualcuno ascolterà il grido di questo popolo».

Salgo la collina per arrivare a Olame e spedire alcuni scritti. Sono circa le 9 del mattino, tutto è tranquillo, quotidiano.

Osservando dal finestrino del taxi, noto un sentiero di cui non mi ero mai accorta, che si inoltra nel boschetto di eucalipti; diverse donne stanno zappando il terreno lì intorno. E’ una bella scorciatoia per arrivare in alto, schiva la strada, polverosa come non mai.

Siamo alla fine del periodo secco e la polvere rossa onnipresente si solleva come nebbia a ogni passaggio di auto, sulla strada, rendendola impraticabile a piedi, a meno che vogliate assumere l’effetto cipria, anche sui capelli. Decido che la prossima volta sperimenterò il sentierino a piedi.

Comincio il lavoro con un buon caffè, in casa di Maria Masson, e prendo posto nell’ufficio di Matteo. Poco dopo giungono voci – qui le chiamano “rumors” – di una, forse due, bombe ritrovate sulla strada che ho percorso da meno di un’ora.

Non ci faccio caso, molti rumors si rivelano inattendibili; chi avrebbe piazzato bombe sulla collina, di fianco al Bdom (ufficio diocesano degli ospedali) e alla Procura della Diocesi? In una zona, tutto sommato, tranquilla…

Le voci cominciano a prendere consistenza, sembra sia arrivata la MONUSCO (i caschi blu dell’ONU) per controllare e mettere in sicurezza la zona.

Ci facciamo prendere dalla curiosità e scendiamo, a piedi, in un gruppetto, “armati” di apparecchi fotografici; sicure, io e Cecile, di non riuscire a vedere nulla, perché non ci lasceranno certo avvicinare alla zona pericolosa.

Invece no.

Arriviamo sul posto, lo stesso boschetto che avevo osservato poche ore prima. Scopro che la Procura diocesana è la proprietaria del terreno. Un nastro biancorosso circonda il boschetto, soprattutto una zona accanto alla strada. Nessuno sembra controllare, tuttavia, che la gente non si avvicini troppo. C’è un gruppetto di persone che discute, mamme: un operaio della Procura, ragazzini e noi.

Io, Cecile e Honoré decidiamo di oltrepassare il nastro delimitatore per avvicinarci e tentare di capire di che ordigni si tratta; cammino in punta di piedi, non sappiamo ancora se si tratta di bombe o di mine antiuomo (che qui finora non sono state usate).

C’è un buco, un sacco dello zucchero contiene una confezione strana…. io non mi avvicino oltre; Honoré scatta qualche foto a pochi centimetri di distanza.

Ci chiediamo, con rabbia crescente, perché sono arrivati, hanno circondato il boschetto provocando molta curiosità e sono partiti senza lasciare un minimo di sorveglianza.

Come ci siamo avvicinati noi, consapevoli del possibile pericolo, si possono avvicinare anche i ragazzini che sono più curiosi. Diciamo loro di non oltrepassare il nastro perché pericolosissimo, sapendo di non essere credibili perché ci han ben visto farlo.

Mathilde e Cecile decidono di sollecitare i giornalisti, Radio Maendeleo (Radio Sviluppo, una delle radio più ascoltate in città) e la Segreteria di Stato dei diritti umani per denunciare l’inadempienza. Il governatore del Sud Kivu è assente.

Sabato 17 agosto

Il sabato mattina, a uffici chiusi, io e Cecile risaliamo comunque la collina per vedere se sono stati presi provvedimenti.

La strada pullula di polizia e di militari della MONUSCO. Un mzungu (un bianco), in abiti civili, che sembra sapere il fatto suo, ordina e tutti obbediscono. Che sia un artificiere della MONUSCO? Non lo sapremo. Facciamo foto, visto che nessuno ce lo impedisce, e chiediamo a un uomo ben vestito, apparentemente un politico, cosa sta succedendo.

Ci risponde che:

– sono state ritrovate alcune bombe

– si tratta di bombe e non di mine antiuomo

– non c’è pericolo per le auto, che possono riprendere a passare (la strada era stata chiusa quando avevano recintato il boschetto)

– le faranno saltare in settimana

– la zona sarà sorvegliata dalla polizia fino alla completa securizzazione del terreno

– non si conosce la provenienza delle bombe né chi le ha lasciate/piazzate nel bosco.

Noi sottolineiamo l’importanza di una buona sorveglianza per evitare rischi alla popolazione.

Domenica 18 agosto

Passo per la strada nel pomeriggio, in moto.

Ci sono un paio di poliziotti a sorvegliare la zona recintata.

Lunedì 19 agosto

Sembra, non abbiamo conferma, che le bombe siano state prelevate… Non sappiamo da chi.

Martedì 20 agosto

Le radio locali hanno dato notizia che non si trattava di bombe ma di involucri che contenevano bottiglie vuote. Non abbiamo conferma della veridicità della notizia.

Commento.

In Europa quando si rinvengono ordigni inesplosi la zona viene immediatamente messa in sicurezza, solo gli esperti si avvicinano all’ordigno, si procede alla rimozione o all’esplosione della bomba, in sicurezza, il più rapidamente possibile.

Qui ci siamo potuti avvicinare fino a toccare le “bombe”, se solo avessimo voluto.

Avremmo potuto rimuoverle noi, non c’era sorveglianza ma la zona era stata delimitata come pericolosa.

Non si sa se in seguito agli appelli di Mathilde o ad altro, il giorno successivo c’è un grande dispiegamento di forze di polizia e interviene ancora una volta la MONUSCO.

Poi sembra che non si trattasse di bombe….

Domanda: perché i caschi blu dell’ONU hanno lasciato la zona senza protezione, così che tutti potessero avvicinarsi?

Se è, come temo, incuria, e se sono così noncuranti qui, dove circolano alti prelati della Chiesa (la Chiesa che peraltro non ha mosso un dito, che ci risulti, per sollecitare una presa in carico dell’ONU perché risolvesse rapidamente la questione) come si stanno comportando nei villaggi, dove è difficile che qualcuno abbia le possibilità di protestare in modo efficace per le inadempienze.?

E ancora: se si trattava di bottiglie vuote, come poi hanno annunciato, come mai il signore benvestito il sabato ci ha detto che “erano bombe e non mine antiuomo”? Come poteva saperlo? Chi ha detto il falso? E perché la MONUC si è dispiegata senza accorgersi che non ci fosse esplosivo fin dalla prima visita?

Sicuramente non sapremo mai la verità dei fatti… ma esserci stata mi ha permesso di vedere con i miei occhi come funzionano alcune cose qui.

LE VIGNETTE – scelte dalla “bottega” – sono di Mauro Biani

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