5 gennaio. digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti – di Alex Zanotelli

Il 5 gennaio, primo mercoledì del mese, è la nostra giornata di digiuno in solidarietà con i migranti. Anche questo mese, purtroppo, siamo obbligati a fare questo gesto non davanti al Parlamento(a tutt’oggi ancora vietate le manifestazioni), ma a Napoli.
Saremo in piazza del Plebiscito, davanti alla Prefettura, dalle ore 16,30 alle 18.00. Prioritariamente in questo mese, dedichiamo questo nostro digiuno alle migliaia di persone che da quasi quattro mesi, sono davanti alla sede dell’UNHCR di Tripoli, e hanno mandato un appello riportato qui in calce. Chiediamo con questo nostro digiuno al ministro degli Esteri, L. Di Maio, di ascoltare il grido di queste nostre sorelle e fratelli con l’attivazione di corridoi umanitari verso “terre sicure dove i loro diritti possano essere tutelati e rispettati.”
Senza dimenticare le migliaia di persone ammassate lungo il confine della Polonia in questo gelido inverno.
Digiuniamo altresi per le vergognose motivazioni per i processo a Domenico Lucano: vittima innocente di un processo politico.

Padre Alex Zanotelli a nome del Digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti

RIFUGIATƏ IN LIBIA: MANIFESTO POLITICO

Siamo persone rifugiate che vivono in Libia.
Veniamo dal Sud Sudan, Sierra Leone, Ciad, Uganda, Congo, Ruanda, Burundi, Somalia, Eritrea, Etiopia e Sudan. Stiamo fuggendo da guerre civili, persecuzioni, cambiamenti climatici e povertà nei nostri paesi di origine. Siamo state tutte spinte da circostanze al di là della sopportazione umana.
Volevamo raggiungere l’Europa cercando una seconda possibilità per le nostre vite e siamo dunque arrivate in Libia. Qui siamo diventate la forza lavoro nascosta dell’economia libica: poniamo mattoni e costruiamo case libiche, ripariamo e laviamo auto libiche, coltiviamo e piantiamo frutta e verdura per i/le contadini/e libici/he e per le mense libiche, montiamo satelliti su tetti alti, schermi etc.

A quanto pare questo non basta alle autorità libiche. La nostra forza lavoro non è sufficiente. Vogliono il pieno controllo dei nostri corpi e della nostra dignità. Quello che abbiamo trovato al nostro arrivo è stato un incubo fatto di torture, stupri, estorsioni, detenzioni arbitrarie.
Abbiamo subito ogni possibile e inimmaginabile violazione dei diritti umani, non solo una volta.
Siamo state intercettate con la forza in mare dalla cosiddetta guardia costiera libica
finanziata dalle autorità italiane ed europee – e poi riportate nelle carceri e nei disumani campi di concentramento. Alcune di noi hanno dovuto ripetere questo ciclo di umiliazione due, tre, cinque, fino a dieci volte. Abbiamo cercato di alzare la voce e diffondere le nostre storie. Le abbiamo raccontate a istituzioni, politici, giornalisti ma, a parte pochissimə interessatə, le nostre storie sono rimaste inascoltate.
Siamo state deliberatamente messe a tacere e abbiamo deciso di rompere questo silenzio. Dal 1° ottobre 2021, il giorno in cui la polizia e le forze militari libiche sono venute nelle nostre case nel quartiere di Gargaresh e hanno compiuto repressioni spietate e raid di massa contro di noi, migliaia di persone sono state arbitrariamente arrestate e detenute in disumani campi di concentramento. Il giorno dopo, siamo venute come individualità e ci siamo riunite presso la sede
dell’UNHCR. Qui abbiamo capito che non avevamo altra scelta che iniziare ad organizzarci.
Abbiamo alzato la nostra voce e quella dellə rifugiatə che sono statə costantemente messə a tacere.
Non possiamo continuare a restare silenti mentre nessuno difende noi e le nostre vite.
Ora siamo qui per rivendicare i nostri diritti e cercare protezione in paesi sicuri.
Perciò ora chiediamo con fermezza con le nostre voci:
– Evacuazioni verso terre sicure dove i nostri diritti possano essere tutelati e rispettati.
– Giustizia e uguaglianza tra rifugiatə e richiedenti asilo registratə presso l’UNHCR in Libia.
– L’abolizione dei finanziamenti alle guardie costiere libiche che hanno, costantemente e violentemente, intercettato le persone in fuga dall’inferno libico e le hanno portate in Libia dove sono vittime di ogni tipo di atrocità.
– La chiusura di tutti i centri di detenzione in Libia, che sono interamente finanziati dalle autorità italiane ed europee.
– Che le autorità consegnino alla giustizia i/le colpevoli che hanno sparato e ucciso i nostri fratelli e le nostre sorelle sia dentro che fuori dai centri di detenzione.
– Che le autorità libiche interrompano la detenzione arbitraria delle persone prese in carico dall’UNHCR.
– Forzare la Libia a firmare e ratificare la costituzione della Convenzione di Ginevra del 1951 sui/lle rifugiati/e.
FREEDOM, HURRIYA, LIBERTÀ!

 

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