Circolare Rete Quarrata gennaio 2010


Natale di Lula a San Paolo con il popolo della strada

Carissima, carissimo,
gli abitanti della strada si ritrovano ormai da sette anni (2003) con il loro presidente Lula, un tornitore meccanico, leader sindacale prima e leader politico poi, fino a diventare il presidente del Brasile, carica che ricopre ormai da sette anni. Cosa mal digerita dalla classe economica e finanziaria del paese.
Il ventiquattro dicembre scorso, nel centro di San Paolo ha firmato, davanti ai rappresentanti nazionali dei raccoglitori di strada la Legge Federale che gli eleva, che gli riconosce a tutti gli effetti lavoratori. La legge prevede una serie di contributi per l'organizzazione del lavoro, per la salute, per la casa, per la scuola, per servizi sociali vari e non in ultimo, incentivi fiscali alle imprese che comprano dalle cooperative di riciclaggio. Mentre si svolgeva questo incontro-festa, tra testimonianze, canti, rappresentazioni varie, Lula era continuamente avvicinato dalla gente. Anziani, barboni, bambini, donne e uomini, più donne, gli si avvicinavano facendosi fotografare. Chi dettava al microfono le fasi dell'incontro richiamava le persone a tornare ai propri posti, argomentando che erano lì come comunità e non per soddisfare bisogni personali. La scorta del presidente ai lati, discreta accompagnava la spontaneità della gente senza intervenire. Lula si lasciava accarezzare, abbracciare, baciare, ricambiando tutti. Un bagno di umanità, i brividi delle origini povere rivissute in tutta la sua interezza, trapassato nel cuore, nell'anima, nelle viscere, nella mente dalla sua gente. Era profondamente a suo agio.
Nella sua riflessione finale non li ha arringati, li ha custoditi, accarezzati, coccolati. A parlato loro da uguale a uguale. La legge firmata qualche minuto prima di fronte a cinque ministri li aveva resi legalmente cittadini, lavoratori: donne e uomini con nuovi diritti.
Lula è stato profondamente colpito dalla testimonianza di Santos, un raccoglitore che abita nella strada, il quale ha raccontato la violenza gratuita e truculenta della polizia. La stessa, affermava, che dovrebbe attendere alla sicurezza dei cittadini che invece picchia e minaccia persone inermi senza difesa e speranza. Scacciati da sotto un viadotto del centro città con la scusa che sporcavano al grido: "fannulloni, mendicanti, persone senza valore", mentre i poliziotti li facevano salire su un pullman per poi abbandonarli alla periferia della città, Santos si è fermato chiedendo loro: signori, stiamo forse rubando, ammazzando, trafficando droga? Un poliziotto gli si è avvicinato gridandogli: cala sua boca! Stai zitto!, mentre insieme ad altri quattro lo ha circondato iniziando a colpirlo con i manganelli. Oggi ricordava Santos, sono qui con due costole e un piede rotti, un forte e continuo mal di testa. Ha poi concluso dicendo: presidente chiediamo rispetto, di dormire in un letto, fare una doccia, avere un lavoro e comprensione da parte di chi ha più opportunità di noi. Aiutaci a cancellare il giudizio negativo che molti hanno verso di noi. Neanche i cani sono così maltrattati.
Pedro, 62 anni ha raccontato la sua uscita positiva dalla strada. Nativo del Rio Grande do Sul, gli piaceva parlare solo della Pampa, dove fin da piccolo ha vissuto lavorando per dieci anni cavalcando il dorso di un cavallo come "vaqueiro" (mandriano), ricordava Pedro. Dopo varie vicissitudini è emigrato a San Paolo pensando di trovare un lavoro. Niente di tutto ciò. Si è così ritrovato nella strada. Frequentando di giorno un centro sociale ricavato dalla chiusura di un viadotto, ha scoperto le sue doti di pittore, ricordandosi che da giovane, ancor prima di imparare a leggere e scrivere amava pitturare e disegnare. Osservato da alcuni educatori è stato accompagnato da un pittore di professione il quale vistolo all'opera, lo ha fatto partecipare con alcuni suoi quadri alla Biennale di San Paolo. Erano molti i partecipanti, venuti di quaranta Nazioni, ha commentato con orgoglio Pedro, che oggi lavora come disegnatore pubblicitario e di notte continua a pitturare. Il suo sogno è di mettere su una scuola di pittura e aprire un suo studio. Ha terminato la sua testimonianza dicendo al presidente che il suo sogno era che la legge firmata questa mattina possa realmente ridare dignità ai quindicimila abitanti di strada della città e di tutto il Brasile.


Natale in Brasile

Anche in Brasile se una città vuole acquisire un certo status, costruisce una cattedrale chiamata "Shopping Center". Questi centri hanno linee architettoniche  che ricordano cattedrali stilizzate. I centri sociali con i loro profili da cattedrale, sono templi di consumo. Una volta lì, si entra nel chiostro, al suono del gregoriano postmoderno, una musica da sala d'attesa, si contemplano le varie cappelle, dove, in nicchie accudite da bellissimne sacerdotesse, sono custoditi i venerabili oggetti di consumo. E chi non può comprarli si sente all'Inferno. Chi deve ricorrere alla carta di credito o all'acquisto a rate, soffre, sentendosi in Purgatorio. E chi può comprare in contanti, si sente in Paradiso. I tre si consoleranno comunque all'uscita, con l'eucarestia postmoderna distribuita alla mensa del McDonalds.
Il centro commerciale è il luogo in cui i poveri spariscono dal paesaggio: non ci sono mendicanti, non ci sono bambini di strada, non ci sono accattoni. E' in poche parole il luogo in cui posso fare finta che questa realtà non esiste. Vi si vive l'illusione di una società ideale, in cui tutti i beni sono a portata di mano e nessuno è privato della possibilità di acquistarli semplicemente perché non si vede la folla dei poveri. Non è qui che si annida la felicità. Non è nella pubblicità che propone continui acquisti. Di questo parere è Frederic Beigbeder che nel suo libro scrive: "Sono un pubblicista ebbene si, inquino l'universo. Io sono quello che vi vende tutta questa merda. Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova. C'è sempre una novità più nuova, che fa invecchiare la precedente. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perchè la gente felice non consuma". 
Non è cambiato niente, ad Atene Socrate soleva andare per le strade dove c'erano le botteghe, anche a quel tempo i venditori uscivano sulla porta del loro chiedendo se potevano servirlo, lui rispondeva: "No sto solo osservando quante cose esistono di cui non ho bisogno per essere felice".
A quando la cessazione del nostro egoismo esagerato?
Avanzi, piuttosto, un bisogno di forti legami e solidarietà per fare fronte a un mondo che la crisi ha reso ancora più difficile.
Avanzi, una voglia di fraternità, di aprirsi all'altro piuttosto che ripiegarsi sul proprio interesse particolare
Avanzi, un'inclinazione a posare sugli altri uno sguardo più empatico e compassionevole.
Avanzi, una tendenza a non considerare più a priori l'altro come nemico, ma come una persona simile a noi. Che come noi si nutre di sogni mentre affronta le sue piccole miserie quotidiane o le grandi sfide esistenziali. Una cosa da deboli? Al contrario: ci vuole coraggio ad essere gentili. Occorre andare controcorrente, fare perno sull'autenticità in un mondo dove il cinismo è spesso la regola.
Avanzi, il puntare sull'umanità anche se l'ambiente che ci circonda predilige piuttosto i rapporti di forza. Il che non vuol dire, naturalmente, che non si possa essere fermi, che non si debba esigere rispetto, che non ci si possa difendere dai prepotenti e dai maleducati. Una cosa è essere gentili, un'altra porgere l'altra guancia. Un atteggiamento che, mi risulta, in millenni di storia solo una persona ha saputo esercitare veramente con successo: ma, narrano le Scritture, era fatto di un'altra pasta...

Antonio