Rubrica/Diario del meticcio - a cura di Mario Lancisi


La voce del “giullare”
Verdini e la banca del prete. Denis Verdini si è dimesso dalla presidenza del Credito cooperativo, una piccola banca che porta un nome molto impegnativo.La cooperazione infatti evoca la solidarietà, l’apertura ai bisogni dei più bisognosi. E, almeno in Toscana, le “banchine” paesane, spesso con dietro anche un prete, “ si preoccupavano di sostenere l’artigiano e il coltivatore diretto, che agivano su una base di fiducia e trasparenza, dove poteva raccomandare anche un disgraziato per tirarlo fuori dai guai”, mi scrive un amico sacerdote. Come una banca di questo tipo idealista e popolare sia potuta finire nelle mani di Verdini è davvero una domanda da porsi con una certa angoscia. Così come ci dovremmo chiedere perché le chiese toscane, le parrocchie, le associazioni tacciano. Nei giorni scorsi il vescovo di Prato è intervenuto contro la fusione della Cariprato con la banca veneta di Zonin. Voci analoghe ci piacerebbe sentire in difesa di piccole banche che una volta almeno erano al servizio degli interessi più indifesi.

I vacanzieri di Dio
Le vacanze sono associate mediaticamente al mare, al tanga, ai seni al vento di giovani donne, alle barche, la sabbia, gli ombrelloni, i vip in costume. Balere e corpi abbronzati. È vero, ma è solo una faccia della medaglia vacanziera. C’è un altro mondo, soprattutto di giovani, che le vacanze le passa nel silenzio e nelle meditazioni dei monasteri. Oppure nei boschi alla ricerca di una natura nascosta e incontaminata. O anche nei Paesi del Terzo mondo dove, i nostri ragazzi, vanno a rimboccarsi le maniche per aiutare chi ha bisogno.
Ci sono i vacanzieri del corpo e quelli dello spirito. Della tintarella e della preghiera. Del ballo e del gregoriano. Due modi diversi di ricercare la felicità, lo stare bene, la pace interiore. C’è chi lo cerca nel divertimento sfrenato e chi nella ricerca di un senso alla propria vita. Forse bisognerebbe riunire questi due mondi. Capire che senza senso anche l’onda del mare o la sabbia della spiaggia stordisce, ma non accudisce quel bisogno di cura di se stessi nell’interezza di spirito e corpo. Nel bisogno di senso e di corpi da abbracciare.

Trattamento Boffo
Spesso la politica usa un metodo tipicamente stalinista: quello di denigrare un avversario politico non per le idee che sostiene, ma per la sua vita, il privato, il personale. Berlusconi quando parla della sinistra l’accusa di criminalizzare gli avversari. Il che, talvolta è vero, talvolta è successo.
Ma che dire allora degli attacchi continui del Giornale di Berlusconi contro Fini, la sua famiglia, le sue presunte case a Montecarlo? Un parlamentare azzurro ha teorizzato questa tecnica di killeraggio politico con “Trattamento Boffo”. Invita, quel signore di amorosi sensi nei confronti del Cavaliere, a usare nei confronti di Fini il trattamento riservato all’ex direttore di Avvenire Dino Boffo.
Certo, in politica occorre coerenza tra comportamenti pubblici e personali. Ma la politica non usi i servizi segreti, le bugie, le montature per demolire gli avversari politici. E i giornali -di destra e di sinistra- diano notizie, non si prestino a opere di killeraggio mediatico. Al servizio del Potere.

Babele
L’auto, parcheggiata sulla destra, all’improvviso si immette nella circolazione senza segnalare con i fari l’intenzione.
Ad un crocevia una giovane donna attraversa con calma piatta mentre tranquillamente colloquia al cellulare e gli automobilisti dietro suonano il clacson nel timore che il passo da lumaca provochi l’arrivo del rosso.
Il furgone delle merci si piazza sulle striscie, scarica quello che deve scaricare, incurante di una vecchietta che per attraversare la strada deve sbirciare in maniera pericolosa. C’è chi all’improvviso gira a destra, chi a sinistra, chi si ferma. Senza mai usare le luci dell’auto per indicare la manovra.
Piccole scene di quotidiana maleducazione sulle nostre strade. Regole infrante, menefreghismo, arroganza. Tutto vero, ma c’è di più. C’è una tendenza all’incomunicabilità. L’auto ha lampade per “parlare” con gli altri automobilisti. Per dire: io vado a destra. O mi accosto a sinistra. Nell’era in cui tutto è informazione e in cui tutti comunicano, in realtà siamo come isole. Parlano, ma non dialogano. Perché comunicazione ha la stessa radice di comunità. Siamo individui, non comunità.

Ablondi
Ho visto mons. Alberto Ablondi per l’ultima volta il 28 maggio scorso nel corso della presentazione a Castiglioncello del suo ultimo libro “A passo d’uomo verso il divino”. So che insistettete molto con gli organizzatori perché ci fossi anch’io a presentargli il suo ultimo libro. Una sorta di testamento. Un onore che mi porto nel cuore come il ricordo più bella del nostro rapporto. Lui vescovo, io giornalista. Sempre disponibile, sempre amichevole.
Dicevo del suo ultimo libro. Lì c’è tutto Ablondi. In quel titolo che indica un Dio che si può raggiungere a passo d’uomo, appunto. Non passo da santo o da eroe. Ma il passo corto e incerto di ogni uomo. Credente e non. Per dire che tutti possiamo fare il nostro passo verso Dio o comunque verso un mondo diverso. Alla condizione di non stare fermi, ma di camminare. Anche se a passi, passettini, passi incerti. 

Via da Kabul
Dopo l’ennesima morte di un soldato italiano di stanza alla Vannucci di Livorno (siamo già a trenta morti), cosa si aspetta a tornare a casa. Quella non è una missione di pace. Ma di guerra.  L’unica missione di pace in Afghanistan è quella di Gino Strada e Emergency. 

Moschea
Si discute di moschee. È come discutere di Dio. Vogliamo applicare la legge Fini-Bossi anche a Dio? Vogliamo proibirlo? I musulmani hanno il loro Dio e la moschea è il luogo dove lo adorano e lo pregano.  Ben vengano le mosche anche in Toscana, ci mancherebbe.
Ovviamente le moschee come le chiese e altri edifici di culto devono rispettare due regole fondamentali. La prima è che siano a norma urbanistica. La seconda è che dentro non si rifiugino delinquenti: nel qual caso è giusto che siano presi e arrestati.
Per le moschee c’è anche un’altra riflessione da fare. Occorre che le istituzioni internazionali facciano rispettare nei Paesi islamici il diritto delle altre religioni di pregare il loro Dio e di costruire i loro templi.

Bestemmia
Come credente di Berlusconi non mi scandalizza tanto la sua bestemmia quanto l’ operato. La vera bestemmia è il suo modo di governare, la cultura che impersona, i valori che propone. Però, santo Iddio, giustificarlo come fa mons. Fisichella o la cattolica Roccella sostenendo che quella bestemmia va contestualizzata e una cosa è il privato e un altro il pubblico, questo sì che è una bestemmia. Se uno offende Dio in privato non è una bestemmia mentre se lo fa in pubblico sì? A questa distinzione sono arrivati i monsignori alla Fisichella?

Se la pietà è morta
Le ragioni con le quali il sindaco di Prato Roberto Cenni, Pdl, ha negato il lutto cittadino per la morte tragica e vergognosa (per il modo in cui è avvenuta) sanno di fariseismo e di occasione perduta. Farisaico è il volersi attenere ai precedenti. Mai è stato concesso il lutto cittadino, ha osservato il sindaco. A parte che non è del tutto vero perché è stato proclamato per la morte dell’ex sindaco Landini e per il crollo delle torri gemelle di New York, ma il punto non è questo.
 Al cattolico Cenni ci permettiamo di ricordare la parabola del buon samaritano in cui un sacerdote e un levita, osservanti della legge, non si fermano a soccorrere un uomo ridotto da un brigante in fin di vita sul ciglio della strada. Ci pensa un samaritano -un eretico, un non ortodosso- a fermarsi per aiutare la vittima a rialzarsi e a curarsi.
Come dire che davanti alle vittime (vittime forse anche dell’incuria amministrativa) l’unica legge e morale che devono contare sono quelle della mano tesa, del soccorso, della fraternità. Non ci sono precedenti, ma solo gesti conseguenti alla solidarietà umana. Resa ancor più doverosa dal fatto che la morte per annegamento in un sottopassaggio stradale evoca responsabilità pubbliche. Una morte da Paese incivile, come ha ricordato anche il presidente della Regione.
La comunità cinese -circa 30mila persone su un totale di 180 mila abitanti- ha chiesto al resto della città, attraverso il lutto cittadino, di partecipare al suo immenso dolore. La mano tesa in cerca di condivisione è stata respinta.
L’umanità progredisce anche moralmente non osservando pedissequamente i precedenti, ma andando oltre la forma, le consuetudini e le abitudini. Anche con gesti gratuiti e inediti. Azzardando il futuro. Poteva essere una grande occasione di integrazione: una città divisa che si riunisce nell’abbraccio ai corpi annegati delle tre povere donne. Questo abbraccio non ci sarà. Un’occasione grande è stata perduta.
 Infine, questa vicenda doppiamente dolorosa ci insegni che le vittime non hanno razza, censo, credo religioso e politico. Quelle tre donne non sono che donne. Senza aggettivi. Fanno parte della nostra umanità e della nostra pietà per chi soccombe. Non vorremmo concludere che a Prato la pietà è morta. Ma il crinale della disumanità è sempre molto vicino ai nostri passi.
Prato, città dalle grandi tradizioni di civiltà, solidarietà e amore per il nuovo, sappia ritrovare nel giorno del lutto e della divisione il senso profondo della propria storia

Cambio di vocali
Un rumeno, in seguito ad una lite con una romana, l’ha scaraventata a terra e la povera donna è morta. Il rumeno è stato arrestato e mentre lo portavano in carcere i suoi amici se la prendevano con i carabinieri e qualcuno lo ha incitato: “Ammazzane un’altra”. Qualcuno del Pdl ha difeso il rumeno: il carcere è troppo.
Ps. Tutto vero. C’è solo da cambiare una vocale: la “o” al posto della “u”. Un cambio che è anche di nazionalità. A proposito: avete visto cortei contro i romani così come si organizzano contro i rumeni? Avete letto titoli sui giornali? E scandalizzate trasmissioni tv? Una donna ammazzata è sempre una donna ammazzata. E un uomo che ammazza è sempre un uomo che ammazza. O no?