Editoriale del numero 83

Belem, capitale dello stato del Parà-Brasile, situata sulla sponda del grande fiume, porta d'ingresso dell'Amazzonia attraverso il Rio delle Amazzoni, è stata la sede del Forum Mondiale della Teologia della Liberazione prima, e a seguire del Forum Sociale Mondiale 2009. Belem, con il suo calore e i suoi colori ci ha accolti immergendoci nella ricchezza nel mistero della natura.
Alcune migliaia di Indios, pregni delle loro origini, della loro cultura vi sono giunti con le loro barche lungo i fiumi, dopo giorni e giorni di viaggio. Hanno partecipato per dirci che: “la Terra non si vende, la Madre si difende". Denunciando la penetrazione delle multinazionali che ottengono concessioni scandalosamente vantaggiose per lo sfruttamento dell'oro, alluminio, rame, uranio ecc., senza nessun riguardo per gli effetti contaminanti sulle persone, per i viventi e il territorio. Una suora saveriana di 70 anni, da 40 in Amazonia ci ha raccontato che a causa dell'inquinamento dei fiumi, muoiono decine e decine di persone. All'ospedale la loro morte è registrata come "infezione generale" senza nessun'altra spiegazione. Con i soldi si tacita, si compra!
I giovani presenti in varie decine di migliaia in tende, delle quali si perdeva la vista.
Gli ho chiesto perchè erano lì, mi hanno risposto che loro saranno l'ultima generazione se la politica non ritornerà alle sue origini. Ancora una volta abbiamo compreso quanto il capitalismo è per natura vorace, accumulatore, sfruttatore dell'uomo e dell'ambiente, creatore di disuguaglianze e privo di un minimo di solidarietà. Tratta tutto come merce: la terra, la natura e le donne e gli uomini. Tutto è oggetto di mercato. Adesso la questione non è economica, è morale e spirituale. Usciremo da questa crisi a partire da un'altro rapporto tra di noi e la natura, sentendoci parte di lei e vivendo nel rispetto della vita di ogni altro essere. Dobbiamo prendere coscienza che non è più possibile vivere isolati gli uni dagli altri, ogni gruppo o ogni paese trincerato dietro le sue frontiere; che l'insieme dell'umanità forma una sola famiglia. Per ogni persona, come per ogni comunità, l'importante è sapere come restare radicata nella sua identità e nella sua comunità, e nello stesso tempo crescere, dare vita agli altri e riceverla da loro. E' la comunità il reale luogo di appartenenza, il luogo nel quale si trova la propria terra e la propria identità. Penso di nuovo ai nostri amici indios, perchè con i loro riti e le loro tradizioni, al Forum ci hanno trasmesso il valore della loro vita comunitaria. Dove ognuno, nel villaggio, appartiene all'altro, sono tutti: sorella, fratello, figlio, padre e madre. Mentre la nostra civiltà occidentale è una civiltà competitiva. Fin dalla scuola il bambino impara a vincere. Noi genitori siamo iper super incantati quando è il primo della classe. E' così che il nostro progresso materiale individualista e il desiderio di salire di grado per il prestigio più grande hanno avuto la meglio sul senso della comunione, della compassione, della comunità. Si tratta adesso di vivere più o meno soli nella nostra casetta, con un cartello sulla porta che dice: "attenti al cane", custodendo gelosamente i propri beni e cercando di acquisirne altri.
L'arcivescovo di Belem ha scritto ai preti e seminaristi che non dovevano partecipare al Forum sulla Teologia della Liberazione, perchè devia dalla dottrina.
A quando una chiesa che realizzi le parole di Gesù a Pietro: "Pasci il mio gregge".
A quando la responsabilità di assumere l'orfano, la vedova e gli impoveriti della storia? La responsabilità ci fa sentire giovani, aperti all'altro, capaci di meravigliarsi. La responsabilità deve ricordarci quotidianamente che Dio ha scelto come responsabili degli uomini molto limitati: Mosè che ha ucciso un egiziano, Pietro che ha rinnegato Gesù, Paolo che ha partecipato all'omicidio di Stefano.
Erano limitati, e proprio per questo, degni di fiducia, erano umili per essere strumenti di Dio.
A quando una chiesa spoglia che accoglie l'invito di Maria: "ha innalzato gli umili, ha rimandato i ricchi a mani vuote".
A quando una chiesa che "vive con", diverso dal "fare per".