Discorso di don Ciotti e Gino Strada alla marcia della giustizia di Quarrata, 2002

Il 14 settembre 2002, alla 9a Marcia della Giustizia di Quarrata, organizzata dalla Rete Radiè Resch e da Libera, c’erano dodicimila persone.
Hanno parlato: Alex Zanotelli, Gianni Minà, Gino Strada, Giancarlo Caselli, Gherardo Colombo, don Luigi Ciotti. Questa la trascrizione dei discorsi di don
Ciotti e Strada, se può servire.

GINO STRADA
Mi spiace di non essere capace di parlarvi d’altro, se non di questa cosa
che io considero la più grande oscenità che l’umanità ha inventato cioè la
guerra. Ma è una realtà che come dire ormai mi è dentro, ormai ci vivo da
15 anni e vi voglio dire alcune cose sulla nuova guerra che è già
incominciata. Una guerra che è già incominciata e basta aprire i giornali
per capirlo.
Colin Powell ha scritto che l’informazione è un’arma, quest’arma la stanno
già usando.
I giornali di questi giorni sono pieni di violenza, sono pieni di
incitamento alla guerra, sono pieni di tentativi per giustificare la guerra.
Qualche irresponsabile che di mestiere almeno per ora fa il presidente del
consiglio ha detto: “ci difenderemo”. Ma chi ci vuole attaccare? Qualche
altro e molto meglio irresponsabile dichiara: “questa crisi deve essere
gestita dall’ONU.”. Ma quale crisi? Qui non c’è nessuno che vuole attaccare
e non c’è nessuna crisi, o meglio siamo tutti in una grande crisi e nessuno
vuole dire la verità, cioè nessuno vuole dire oggi ai cittadini che noi
siamo forse a qualche mese da un possibile conflitto che ci può portare
alla terza guerra mondiale. E nessuno osa ancora pensarci e nessuno osa
porsi la domanda di fondo: come ci fermeremo?. Questo è il problema.
Allora bisogna dire che la mia opinione è molto semplice: io non credo che
ci sia in atto nessuna guerra contro il terrorismo, e mi spiego. Credo che
l’attentato al Wolrd Trade Center dell’11 settembre sia stato un terribile
atto di terrorismo internazionale , credo anche che i bombardamenti dei
B52 sui villaggi afgani sono stati un atto di terrorismo internazionale,
credo anche che quello che ha sofferto il popolo iracheno di 10 anni
d’embargo sia stato un atto ancora una volta di terrorismo internazionale.
Credo che se prendiamo in mano il mappamondo e contiamo quanti popoli hanno
vissuto e stanno vivendo il loro terrorismo, quello che qualcun altro usa
nei loro confronti, non c’è soltanto l’immagine delle torri che crollano,
voglio dire che per molti dei popoli del mondo è 11 settembre tutto l’anno
da decenni. Da decenni. Senza nulla togliere alla tragicità dell’ 11
settembre. Ma io sono stufo di trovarmi in paesi in guerra e di sentire la
retorica di chi continua a pensare che quelle 3000 vittime sono 3000
vittime di serie A mentre gli altri si possono massacrare a milioni.
E sono stufo di sentirmi dire che quella è la grande democrazia.
Allora domani qualcuno scriverà che io sono pazzo, ma io non ho visto i
talebani fare ai prigionieri quello che ho visto fare alle forze di
liberazione. Così dette di liberazione. Allora questo ci riporta ad un
problema di fondo che è quello del rapporto tra gli uomini.
(Si sente da una voce in lontananza)…”Guantanamo…Guantanamo…”-
Esattamente Guantanamo, non solo Guantanamo. Emergency può visitare oggi
tutti i prigionieri in Afghanistan, tutti. Così come poteva visitare tutti
i prigionieri quando c’erano i Mujaidin e i Talebani. Da una parte e
dall’altra. Gli unici a cui non abbiamo accesso sono quelli detenuti dai
militari americani. Allora:”Gino Strada soffre di antiamericanismo” ha
detto qualche leader ahimè di un qualche partito non esattamente di destra.
Non è Gino Strada. La corte internazionale ha condannato un paese per
terrorismo internazionale per i bombardamenti sulle comuni agricole del
Nicaragua, e quel paese sono gli Stati Uniti d’America.
Bush ha detto l’altro giorno all’ONU: ” Cosa stiamo aspettando,che Saddam
usi l’atomica?” Fortunatamente l’atomica è stata usata una volta sola nella
storia sui civili. Non l’ha usata Saddam. Allora non si tratta di essere
antiamericano, ma si tratta di smetterla di dire bugie. Perchè oggi gli
Stati Uniti sono il capofila del terrorismo internazionale.
E questo lo si sa da decenni perchè tutte le dittature in America Latina
chi le ha messe in piedi?
E allora io sono un non violento e quindi sono contro il terrorismo di
Osama, ma sono contro il terrorismo di Osama come sono contro il terrorismo
di George Bush. E non ci può essere sconto per nessuno su questo.
Allora io penso che gli stati criminali sono altrettanto criminali e
altrettanto terroristi dei gruppi terroristici o degli individui che si
dedicano al terrorismo. Credo che sia impensabile e vergognoso che oggi si
voglia proporre e far passare dal punto di vista mediatico la necessità
della guerra, dicendo che l’Iraq non ha rispettato ben 16 risoluzioni
dell’ONU.
Ma quante ne ha rispettate Israele nell’occupare i territori palestinesi?
Io mi sono fatta questa convinzione, che il terrorismo non sia altro che la
forma moderna della guerra, cioè quella forma moderna della guerra che la
fa sempre pagare alla povera gente cha ammazza sempre il 90% dei civili non
in guerra. Sarà così anche in Iraq. Sarà così.
Non so se questa guerra si potrà fermare, sinceramente non lo so.
Adesso incomincerà la manfrina: verrà inviato qualcuno dall’ONU, tornerà,
riferirà, qualcuno giudicherà non abbastanza, giudicherà inaccettabile, si
andrà alla guerra.
E questo ci pone un problema serio: che cosa fare? Non abbiamo ovviamente
la forza di fermare questa guerra. Ci siamo posti questo problema come
Emergency, ci siamo dati due risposte.
La prima è quella che il nostro dovere è di andare al più presto e
rinforzare i nostri interventi umanitari in Iraq, ed essere pronti ad
aiutare le vittime di questa nuova guerra, perchè ci saranno. La seconda è
che non possiamo più stare zitti però, e non possiamo permettere che
l’Italia entri per la terza volta in guerra in meno di un decennio.
E questa è la ragione per cui sono qui, perchè credo che la guerra sia
profondamente legata alla giustizia ed al rispetto per esempio, della
Costituzione Italiana.
Due governi ci hanno portati in guerra negli anni scorsi: due governi di
segno politico opposto. Questo è un problema grosso che abbiamo davanti,
molto grosso.
E su questo io credo che non dobbiamo fare sconti a nessuno. Credo che la
guerra si debba rifiutare.
Vedete, oggi se votasse il parlamento sulla guerra e non è detto che lo
faccia, non ci sarebbe più il 92% del parlamento a favore della guerra,
sarebbe molto meno. Quelli che oggi rifiutano la guerra però scrivono
documenti quantomeno ambigui:- La guerra infinita non è la risposta al
terrorismo-Come se chi sta facendo la guerra infinita non avesse nulla a
che fare con il terrorismo. Ha molto a che fare. Molto a che fare per molte
delle ragioni che diceva prima Alex, perchè i padri dei signori Bush e
Osama hanno fatto affari insieme fino all’altro ieri. E oggi gli affari
vanno male, si entra in rotta di collisione e si crea il nuovo mostro.
Saddam Hussein ha armi di distruzione di massa, perchè gli Stati Uniti non
le hanno?
Saddam Hussein le usa contro popolazioni civili, ma cosa hanno detto gli
Stati Uniti quando i Kurdi furono gasati nel 1988? Non una parola, perchè
Saddam era con loro. Quelle armi glie le hanno date loro. E allora, e
chiudo, vi dico soltanto questo: Emergency ha lanciato un appello, che
l’Italia stia fuori dalla guerra. Crediamo che sia un obbiettivo
raggiungibile. Crediamo che la maggior parte degli italiani non voglia
andare in giro ad ammazzare altri esseri umani, e non voglia neanche
rischiare che siano i nostri ragazzi a soffrirne le conseguenze, perchè non
vogliamo entrare neanche noi nel ping pong dell’orrore tra un missile e
un’autobomba. Io credo che questo la maggior parte degli italiani non lo
voglia. Il problema è riuscire a fare in modo che si possano contare gli
italiani, che la gente che è contro la guerra possa contare davvero.
Sulla scelta della guerra io non sono disposto a dare nessuna delega a
nessun governo. Nessun governo. E allora la nostra proposta è molto
semplice. E’ una sensazione che ho avuto anche oggi a Roma in questa
grandissima piazza: credo che ce la possiamo fare a imporre che l’Italia
stia fuori dalla guerra se riusciamo ad andarci a contare su questo tema:
dobbiamo farlo. Se il governo Berlusconi che per inciso parlando di
giustizia, ieri ho sentito in televisione nella sua vacanza americana dice
dopo il discorso di Bush.: “Adesso la palla è al consiglio superiore”. Non
ha detto il consiglio di sicurezza, ha detto il consiglio superiore.
Evidentemente ha qualche tarlo che gli rode nella testa. La cosa mi ha
stupito. Ecco, il problema davvero è questo, io ho l’impressione che la
politica di molti paesi, anche di molti paesi che si definiscono
democratici sia finita nelle mani di bande criminali. Di vere e proprie
bande criminali. Bisogna che i cittadini , e questo non è un discorso nè di
destra nè di sinistra , bisogna che i cittadini cioè la società, bisogna
che gli Italiani riprendano ad essere cittadini italiani, non oggetti del
consumo di Mediaset o di chiunque altro. Per quanto ci riguarda noi siamo
pronti e non appena ci saranno segnali che l’Italia intende unirsi alla
coalizione militare che entrerà in guerra, in una guerra spaventosa, e
dall’esito molto incerto, e dall’esito potenzialmente catastrofico, non
appena ci saranno questi segnali Emergency invierà manifestazioni contro la
guerra in tutta Italia . Crediamo che ci saranno milioni di persone.
Dobbiamo stare insieme. Dobbiamo chiedere ai cittadini di scendere in
piazza senza portare bandiere di partito, portiamo tanti straccetti bianchi
di pace, imponiamo la civiltà in questo paese. Grazie.

DON LUIGI CIOTTI
L’essere qui questa sera in questa piazza non è una cosa bella, anche se
importante e necessaria, perché la legalità, la pace, la giustizia, i
diritti, non dovrebbero essere obiettivo da inseguire, ma la precondizione
perché in un paese ci sia la libertà, la partecipazione, la democrazia. E
in questo senso è importante esserci, è importante camminare insieme, nella
lucidità che il fatto che dobbiamo farlo è un segno inquietante! Ma a Roma
mi sono permesso di dire agli amici dei girotondi, a tanti movimenti e
associazioni presenti, con rispetto e con forza, che il nostro obiettivo
non può essere, per piacere, la legalità, perché c’è il rischio che ci
riempiamo la bocca tutti sulla legalità. Dobbiamo andare oltre la legalità
e non dimenticare, e non stancarci di ripeterlo, che la legalità e la
solidarietà sono gli strumenti per costruire la giustizia: il nostro
obiettivo deve essere la giustizia! Incominciando dalla giustizia sociale.
Certo vuole dire rispetto delle regole, la legalità, vuole dire una
barriera per garantire i deboli dai forti, vuole dire prendere coscienza
che la legalità incomincia dentro di noi, dalle azioni minori, dal nostro
rispetto e dal nostro impegno. Vuol dire mettere sempre al centro la
persona. Vuol dire partire sempre dai bisogni naturali e fondamentali della
persona, ma voi sapete, me lo insegnate, che i bisogni delle persone sono i
diritti, e che i diritti chiedono i servizi, gli spazi, le opportunità,
chiedono la giustizia sociale. Ecco, allora dicevo, qualche ora fa, che
nessuno vuole dimenticare i nostri doveri, le nostre responsabilità, ma
anche i diritti, i diritti di tutti, di tutti. I diritti sociali, i diritti
civili di tutti, non solo di “qualcuno”. Allora voi capite che ancora una
volta dobbiamo dircelo con forza che non si costruisce giustizia senza
ricerca della verità, e a volte le verità sono difficili, sono scomode,
sono ingombranti. E la prima verità da spiegare a qualcuno è che la povertà
non è una condizione naturale, non è un fatto biologico, ma è sempre il
frutto di ingiustizie. Non si costruisce giustizia senza ricerca della
verità, verità, e anche qui dobbiamo dirlo, senza fare sconti proprio a
nessuno. Allora non è un problema solo di oggi… Molte falle le hanno
aperte quelle forze che hanno parlato, masticato, nell’arco di questi anni,
sui problemi sociali. Alcune responsabilità vengono da lontano, ma oggi più
che mai alcuni provvedimenti legislativi già approvati, alcuni progetti di
legge presentati o pronunciati, sono a garanzia dei forti e non rispettano
il principio e il valore dell’uguaglianza. E voi sapete cosa voglio dire,
perché le rogatorie hanno salvaguardato innanzitutto quella legge dei
forti…Il falso in bilancio impunito garantisce innanzitutto dei forti, i
capitali accumulati in modo illegale e illecito all’estero che possono
entrare in Italia con estrema facilità e in modo anonimo garantiscono i
forti e i criminali, ma il fatto grave che mi fa soffrire è che mentre i
forti si garantiscono, i deboli pagano il prezzo dei ritardi,
dell’indifferenza, della burocrazia del mercato. Io questa mattina ero
davanti al carcere di Regina Coeli e la protesta delle persone detenute è
un grido che dobbiamo fare nostro, i problemi delle carceri riguardano
tutti. Il disagio colpisce colpevoli e innocenti, detenuti e operatori,
senza differenza e senza riguardi per alcuno. Allora per tutti dovrebbe
risultare necessario, razionale e umano, cercare di trovare strade nuove,
tra l’altro già indicate, mitigare le sofferenze, riportare vita e speranza
a quelli dietro le sbarre. E mentre i forti si autoassolvono, tanti poveri
cristi stanno nelle galere. Tutti, a parole, hanno dichiarato, nell’arco di
questi anni, il carcere come “estrema ratio”…a parole tutti sono
d’accordo, e poi? Se andiamo a fare la fotografia di chi è presente nelle
carceri, senza mai giustificare, senza mai prendere le scorciatoie, la
giustizia deve avere percorsi veloci… dei paletti bisogna pure metterceli
nella nostra società…ma quanti altri percorsi, opportunità, spazi si
potrebbero dare alle persone! Quando si vede che il 36% di chi è dentro
oggi sono immigrati, un’altra grande percentuale sono giovani legati al
problema della droga, dentro solo per gravi reati c’è il 15%! Allora
bisogna trovare le strade diverse per offrire delle opportunità. L’Italia è
il primo paese in Europa per recidiva: si entra, si esce, si entra, si
esce… Dobbiamo trovare il modo di investire in momenti e mezzi per
rompere questi cerchi, ma in questo anno abbiamo visto una velocità
impressionante nel fare delle leggi che garantiscono i forti…Un altro
grido da fare nostro, e vi prego: da fare nostro! Da non sottovalutare, è
la riforma della giustizia minorile annunciata. Un ministro ha detto: “Non
sono più i ragazzi della Via Pal e quindi c’è bisogno della linea dura nel
paese!” L’ha detto lui, eh! Ora, è una linea che indigna, con un clima più
portato alla punizione che al recupero. C’è il rischio di trasformare le
questioni sociali che stanno dietro sempre alla storia di tutte le persone,
che sono alla base di tutte le emarginazioni e le esclusioni, c’è il rischi
di trasformare le questioni sociali in problemi penali. E’ questo che sta
avvenendo. E voi mi insegnate, anche qui senza prendere scorciatoie, ma è
importante mettere occhio, testa, che nell’affrontare i problemi di chi
compie reati non si può non tener conto dei mondi che li hanno generati,
accolti, utilizzati, a volte anche sfruttati. Non si può non investire gli
strumenti, le risorse, i mezzi prima, prima!!! Un detenuto in carcere
costa, vado ancora in lire, 400mila lire al giorno, 12 milioni al mese,
traduceteli in euro, tanto non cambia…ma conviene anche al nostro paese,
anche dal punto di vista della convenienza di mercato- che è sulla bocca di
tutti!- investire parte di questo denaro per offrire un’opportunità diversa
alla persona, ma questo non si fa, nonostante l’offerta che molte realtà
impegnate nel sociale hanno fatto nel voler costruire questi percorsi di
collaborazione. Dobbiamo lavorare sulla prevenzione, lo diceva già
Giancarlo (Caselli) e lo riprendo anch’io, mi permetto di riprenderlo. Per
dire che non sappiamo cosa farcene, per piacere, delle “città sicure”! Io
non so che cosa farmene! Questo non vuole assolutamente dire che il diritto
alla sicurezza che i cittadini hanno non è un diritto sacrosanto e il
nostro dovere è quello di lavorare concretamente per creare le condizioni
per gli anziani, per le famiglie, c’è bisogno di questo rispetto, di questa
attenzione. Ma noi abbiamo bisogno soprattutto di città vivibili, e il
grado di vivibilità di una città non lo si misura solo dall’aria pulita,
dal traffico o dal verde, pur importanti, ma dalla capacità di recuperare
le relazioni umane e le relazioni sociali. C’è un altro grido, e vi porto
il dato ufficiale, non è mio, e i numeri sono volti, sono storie, sono
sogni infranti, dobbiamo recuperare questo faccia a faccia cominciando
dalle nostre realtà. E c’è un grido, quel numero che ci viene dato
ufficiale, di 16mila tra ragazzi e adolescenti arrivati nel nostro paese
con questo traffico di minori. In Italia, nel nostro paese…dobbiamo pure
interrogarci e cogliere questo grido! Come il grido della prostituzione,
dello sfruttamento di migliaia di ragazze, certo, c’è un’offerta, ma
l’offerta è proporzionata alla domanda…E non vuole essere un giudizio su
nessuno, ma certamente prendere coscienza delle fragilità e delle
responsabilità che tutti abbiamo. E c’è un altro grido che giunge dal mondo
delle dipendenze, ho detto delle dipendenze, non solo la tossicodipendenza,
e alcuni provvedimenti che sono stati presi- anche qui si è tornati
indietro di venti anni- è facile, sapete, liquidare il problema, pensare
solo che c’è una strada, no: dobbiamo avere la forza di non avere nessuno
di noi la presunzione di avere le formulette e le ricette in tasca. Io dopo
trentasette anni, ogni mattina mi alzo con interrogativi continui, e sono
preoccupato, nel mondo della droga, di chi ha capito tutto! Ma proprio
tutto!! Una cosa è certa: che la vera politica è quella dei quattro
pilastri, e non come ci è stato annunciato da questo governo- ma guardate
non è un’accusa a nessuno, diventi riflessione per tutti- dei tre pilastri,
e io mi sono permesso di dire che la casa, con tre pilastri, non sta in
piedi. Perché la politica dei quattro pilastri rispetto al problema delle
droghe, ieri come oggi, ci chiama con forza a mettere testa, lottare contro
il grande traffico, contro chi lo copre…trentasette paradisi fiscali nel
mondo!! Ma guarda a caso qualcuno di questi paradisi, dove si ricicla il
denaro del terrorismo, dei colletti bianchi, delle mafie, del mercato della
droga, sono paesi sotto il protettorato di quelle nazioni richiamate qui,
tra cui due in particolare, che stanno dichiarando la guerra, ma guarda
caso…La lotta al traffico, a chi ci sta dietro, a chi copre, la stima e
il sostegno alla magistratura, alle forze dell’ordine, certo, questo il
primo pilastro. Il secondo pilastro è dare opportunità a chi c’è dentro al
problema, non c’è una strada, non c’è una soluzione, non è che una proposta
è in contrapposizione con l’altra, bisogna farle bene, seriamente, il
pubblico e il privato, insieme. E il terzo pilastro è certamente la
prevenzione, i percorsi educativi, l’informazione, ma il quarto pilastro
che hanno cancellato, è tentare anche quelle strade per chi ha rotto i
rapporti con le comunità, con i servizi, con chi non ce l’ha fatta, con chi
oggi si sta sbattendo sulle strade. Il nostro dovere è creare anche servizi
di bassa soglia, forme di presenze che non escludono nessuno, che non
escludono nessuno! Ma soprattutto non possiamo e non dobbiamo dimenticare
che tutti quei giovani morti di droga- a Torino nel mese di agosto 10-
oltre 19mila in Italia in questi anni morti di overdose, io non mi stanco
mai di ripeterlo, anche con fatica e con sofferenza, ma anche con quella
voglia di mordere di più insieme, nel dirci SONO TUTTI MORTI DI STRAGI DI
MAFIA, perchè quel mercato, in ultima analisi, E’ UN MERCATO DI MAFIA! E
oggi sulla piazza di Roma mi sono permesso di dire che dobbiamo credere nei
giovani, ma crederci! Vuol dire scommetterci sui giovani, vuol dire creare
le condizioni perché nella loro libertà, nella loro fantasia siano
protagonisti, e non che sia sempre un mondo di adulti che fa e smonta.
Dobbiamo cercarci e non aspettarci, progettare e costruire insieme, se i
giovani trovano queste condizioni sono meravigliosi. Arrivando sulla piazza
di Roma ho letto uno striscione, grande, con tanti amici molto colorati che
lo portavano, con degli stupendi sorrisi, che non sembrano quell’altro là
forzato… uno striscione con scritto, attenzione, con scritto: “Volevano
braccia, sono arrivate persone”. E oggi a Roma, come questa sera qui, io a
Roma ho visto tanti, tanti amici immigrati, e mi sono permesso come ero
capace, di dire a tutti loro grazie di esserci, se qualcuno su questa
piazza è immigrato, grazie di esserci, grazie! E per tutti gli amici
arrivati da altri paesi molti di noi che sono qui, vediamo, tocchiamo con
mano, quanto grande è la vostra fatica, e noi non vi lasceremo soli, e
questo deve essere l’impegno di tutti, non lasciarli soli, io sono di razza
Piave, sono nato a Pieve di Cadore, in provincia di Belluno, e non mi
riconosco nel sindaco di Treviso. Il 15 marzo di quest’anno, in una baracca
alla periferia di Genova, è morto bruciato vivo un bambino, un ragazzino,
un ragazzo rom, che frequentava con grande profitto la scuola media del
quartiere. Gli piaceva andare a scuola…bruciato vivo in una baracca.
Faceva freddo, la baracca ha preso fuoco. Al suo funerale è arrivata la
professoressa di lettere, ci ha portato il suo tema che il ragazzo aveva
scritto quella mattina a scuola. Il suo testamento. Io non mi stanco di
gridare ovunque, da quel 15 di marzo, perchè sapete cosa aveva scritto in
quel tema? Aveva scritto: ” Il mio sogno è diventare cittadino italiano”.
Non è possibile che in quel canale d’Otranto sono state trovate, in questi
anni, i corpi di oltre 700 persone annegate per raggiungere la terra
promessa, non è possibile che per raggiungere la dignità di un futuro, la
speranza, e penso ai sei ragazzi curdi morti su quel camion, trovati su
quella piazzola dell’autostrada, trentanove morti soffocati nei camion
trovati in Italia in questi anni, non è possibile questo, che l’Europa
diventi sempre più una fortezza, ma la finanza, i mercati, la merce possono
entrare e uscire, gli uomini no. Questo non è giusto. E allora vi confesso
la mia fatica per un orizzonte culturale astuto, furbo, che ci sta fregando
tutti, tutti. Che passa in pillole tutti i giorni, attraverso le reti
televisive, forme di pubblicità, messaggi, anche qui non mi piace
generalizzare, e non voglio dimenticare di dire a me e a voi, che dobbiamo
essere capaci di cogliere sempre il positivo che c’è innanzitutto in tutte
le realtà, di indicarlo ai nostri ragazzi, il positivo è un dato educativo,
e di cose positive, belle importanti, ce ne sono, aiutiamo i nostri
ragazzi, i nostri bambini, aiutiamoci a cogliere il positivo che c’è in
tutte le condizioni, in tutti i contesti. Ma poi dopo la chiarezza, e in
questa chiarezza c’è un orizzonte culturale che penetra, che quello che
conta è l’immagine, l’apparire, il potere, la ricchezza, la forza, il
possesso. E di fronte a questo orizzonte culturale dobbiamo avere insieme
di più la forza di avere il coraggio di essere persone inadeguate, non
possiamo riconoscerci in quell’orizzonte culturale, dobbiamo essere capaci
di prendere le distanze. A volte mi dicono…non è compito dei preti tutto
questo. Ieri mi hanno avvertito che era bene che non salissi sul palco di
Roma a parlare, perché…ci potrebbero essere delle conseguenze…mi dicono
a volte che noi preti parliamo troppo, e ce lo diceva l’altra sera proprio
a Trento Alex, eravamo insieme, ma io con lui credo faticosamente che di
fronte a tanta ingiustizia non si può tacere, non parliamo troppo: ABBIAMO
PARLATO TROPPO POCO DI QUESTI PROBLEMI! Ed è compito di tutti, è compito di
tutti, e non a caso nel Vangelo, lasciatemelo citare, per me è stupendo,
che quel furbacchione del Padreterno che ci vuole un bene dell’anima, e che
è rispettoso di tutti, ha parlato di fame e sete di giustizia, la giustizia
è compito, è impegno di tutti, E DI FRONTE ALLE INGIUSTIZIE NON POSSIAMO
TACERE! E per quello che mi riguarda vorrei continuare a dare una mano a
Dio e a tanti amici a saldare sempre la Terra con il Cielo, allora la
libertà di tutti si gioca sul terreno dei diritti e della giustizia di
tutti. E lo dicevo oggi sulla piazza di Roma, con umiltà e con forza, però
c’è bisogno anche da parte nostra di coerenza, di credibilità, di
collaborazione e soprattutto di continuità. Perchè tanti signori che oggi
parlano di giustizia e di legalità io non li ho visti sulle piazze in
questi anni a difendere tutti questi contenuti, non li ho visti impegnati
per la legalità contro la corruzione che cresceva e contro la mafia: ci
hanno lasciato soli! Ben venga questo risveglio, ma ha bisogno di coerenza,
di credibilità e di continuità! E dobbiamo andare oltre gli eventi, non
fermiamoci agli eventi, dobbiamo andare oltre. Vorrei terminare come ho
terminato sulla piazza di Roma, guardate, lo dico con estrema libertà ed
estrema serenità, noi di “Libera” non abbiamo mai fatto sconti a nessuno e
mai li faremo, c’è una libertà qui dentro (nel cuore) sapete…disposti a
collaborare con le varie forze politiche e a riconoscerle se c’è una
coerenza su quei temi e su quegli obiettivi, come abbiamo detto buongiorno
e buonasera quando non ci siamo ritrovati né negli obiettivi né nei
contenuti, la libertà, la libertà che è fondamentale. Ma in questo senso mi
permetto di dire che il legittimo sospetto, disegno di legge Cirami, è
servito in passato per assolvere e ritardare e rinquinare dei processi, e
per quello che riguarda “Libera”, che oggi raccoglie in Italia 1054
associazioni piccole e grandi impegnate nel contrasto alla criminalità e
alla mafia, al mondo dell’illegalità, noi non possiamo dimenticare il
processo Notarbartolo, la strage di Portella delle Ginestre, la strage di
Ciaculli, la guerra di mafia di Corleone negli anni ’60 e ’70, un lungo
elenco di fatti che il legittimo sospetto ha portato a trasferire i
processi da altre parti, con quei risultati che ben potete pensare. Allora
dobbiamo evitare che la storia si ripeta. Io ho consegnato oggi a nome dei
ragazzi che stanno lavorando in cooperative in Sicilia tre mazzetti di
spighe di grano, uno a Cofferati, uno a Nando Dalla Chiesa e uno a Rita
Borsellino e vi spiego perchè. Per questa ragione. Perchè nel 1947, a
Corleone, fu ucciso, è l’anno della strage di Portella delle Ginestre, fu
ucciso il segretario della Camera del lavoro, perchè voleva che quei
latifondi diventassero patrimonio della gente, voleva creare delle
cooperative. La mafia, con dei notabili, non voleva questo, ha fatto la
strage di Portella, ha ucciso il segretario della Camera del lavoro Placido
Rizzotto di Corleone. E poi non trovavano il corpo di Placido Rizzotto,
sparito, l’avevano fatto sparire il suo corpo. Arrivò un giovane capitano
dei carabinieri ad indagare, a scoprire la verità: Carlo Alberto Dalla
Chiesa, lo ammazzeranno anni dopo. E a prendere il posto di Placido
Rizzotto arrivò un altro giovane segretario della Camera del lavoro, Pio La
Torre, lo ammazzeranno anni dopo. Oggi la giustizia vince: dopo
cinquantacinque anni, con l’impegno di tantissime persone, anche di voi qui
presenti, raccogliendo nel ’95 quel milione di firme, perchè ci sia una
legge per confiscare i beni mafiosi, per restituirli alla collettività,
anche se oggi qualcuno vorrebbe cancellare quella legge e ha già proposto
di vendere questi beni- che vuol dire poi restituirli ai mafiosi in un
altro modo, ebbene, dopo cinquantacinque anni la giustizia ha vinto…
(il discorso continua ancora per qualche minuto, ma la registrazione si è
interrotta.)

 

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