Un presidio – di Erri De Luca

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Torna ad affacciarsi la moltitudine in fila sotto il sole per entrare al Salone del libro a Torino. Le postazioni delle case editrici sono gremite, gli appuntamenti degli incontri pubblici lasciano fuori molte persone per limite di capienza.
Vista dalle sue calorose giornate di maggio Torino è la capitale letteraria d’Italia. Il libro di carta e inchiostro conferma la sua durata di florido prodotto. Il suo solido formato, la sua consistenza resta insuperabile. Mentre tutto il sistema di comunicazione e intrattenimento si trasforma, il libro non subisce tempo. Anzi contiene quello del suo lettore, la distanza al primo rigo all’ultimo. All’uscita rientra verso casa con la provvista delle prossime ore in compagnia di una storia.

Il libro approfondisce l’unicità del lettore, le sue scelte di lettura lo rendono insondabile da indagini di mercato. È anarchico, indipendente, autore della propria libreria.
Troisi con una battuta diceva degli scrittori: “Voi siete in tanti a scrivere e io sono da solo a leggere”. Fissava così il rapporto tra il singolo lettore e la massa dei libri, in mezzo alla quale il suo singolo percorso è esclusivamente personale.
Il Salone convoca a Torino gli Stati Generali della lettura e l’Italia sembra una repubblica fondata sui libri. Non lo è, però il fermento, il brulichio di gioventù che fruga tra gli scaffali, scatta una fotografia accanto a un autore, ascolta e pone domande ai relatori: questa manifestazione di ricerca, curiosità, interesse fa del libro e delle sue giornate un presidio di resistenza in tempo di guerra.

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