Il Brasile in fiamme – di Frei Betto

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Ben prima che The Economist si rivolgesse al presidente brasiliano definendolo BolsoNero, io gli avevo già affibbiato quel soprannome. Quel che non mi sarei aspettato è che i fatti avrebbero confermato l’analogia di comportamenti tra l’imperatore romano Nerone, che suonava la lira mentre Roma bruciava, e il principale occupante del Palácio do Planalto.

Il Brasile è oggi in fiamme per l’incuria del governo, e il presidente continua a ignorare il disastro ambientale ed economico, così come ignora il genocidio sanitario che ha già mietuto quasi 140 mila vite a causa del Covid-19.

Nelle prime due settimane di settembre sono divampati in Amazzonia più incendi che in tutto il mese di settembre del 2019. Secondo dati del programma Queimadas dell’Inpe (Istituto nazionale per le ricerche spaziali), solo nelle prime due settimane di settembre l’Amazzonia ha registrato 20.485 focolai, mentre, nell’intero mese di settembre dello scorso anno, i focolai erano stati 19.925.

La media è di 1.400 nuovi roghi al giorno. In questo periodo dell’anno, in cui nella regione amazzonica è la siccità a farla da padrona, i desmatadores, ossia i deforestatori (latifondisti, imprese d’estrazione mineraria, garimpeiros, land-grabber e imprese di agribusiness) ne approfittano per bruciare le risorse biologiche abbattute, per aprire spazi all’allevamento di bovini, alla coltivazione di soia, all’estrazione di minerali preziosi.

Secondo il Global Forest Watch, che coordina la piattaforma online di monitoraggio delle foreste, il Brasile è responsabile della distruzione di un terzo di tutte le foreste tropicali vergini deforestate nel pianeta nel 2019 – 1,3 milioni di ettari andati persi.

Il governo brasiliano ignora le sue stesse leggi. Il 16 luglio di quest’anno ha vietato, per 120 giorni, l’uso del fuoco nella regione amazzonica e del Pantanal. Eppure gli incendiari continuano ad agire impunemente, gli organi di controllo vengono smantellati dallo stesso governo, il vice presidente, il generale Mourão, sospetta che qualche poco patriottico funzionario dell’Inpe stia divulgando informazioni riservate… “All’interno (dell’Inpe) c’è qualcuno che sta facendo opposizione al governo”, ha dichiarato. Manca solo un mandato d’arresto nei confronti del satellite che monitora gli incendi.

C’è stato un aumento, quest’anno, del 34% di deforestazione dell’Amazzonia brasiliana. E nonostante tutto, il presidente insiste: “Questa storia che l’Amazzonia sia in fiamme è una bugia”, ha dichiarato nel corso di una riunione virtuale con capi di stato del Sud America (Folha de S. Paulo, 16/9, p. B7).

Il fuoco si espande senza controllo anche nel Pantanal, una delle regioni con maggior biodiversità di tutto il pianeta. È già andato distrutto il 16% della più grande pianura allagata del mondo. Qui gli incendi hanno ridotto in cenere 23 mila km2 di ricchezze vegetali e animali (una superficie di poco superiore a El Salvador, o il triplo della superficie della regione metropolitana di São Paulo, dove vivono quasi 22 milioni di persone, in 39 città). È stato devastato inoltre il maggior rifugio del mondo di Ara giacinto, il pappagallo blu, e sono a rischio progetti di tutela del giaguaro. Sono toccanti le immagini che ritraggono una quantità di animali uccisi dal fuoco o per asfissia, o in cerca d’acqua per le strade e le città.

Secondo stime dell’Ibama/Prevfogo, nei tre biomi che attraversano il Mato Grosso do Sul – Pantanal, Cerrado e Foresta Atlantica – la superficie colpita dai roghi ha già superato i 1.450.000 ettari.

Il governo procede in senso contrario alla tutela ambientale. Per il 2021, ha apportato dei tagli al bilancio dei due principali organi federali di tutela della natura e controllo dei reati ambientali, Ibama (-4%) e ICMBio (-12,8%).

La distruzione del Pantanal, dell’Amazzonia e di quel che resta del Cerrado fa parte del programma della coalizione di governo, che riunisce land-grabber, imprenditori dediti all’estrazione abusiva di minerali e legname, e vandali dell’agribusiness.

Il segretario dell’OAB – l’Ordine brasiliano degli avvocati – per il Mato Grosso, Flávio José Ferreira, in un’intervista a Fórum Café del 15 settembre, ha dichiarato che il Ministero della Difesa ha proibito all’Esercito di partecipare alla lotta agli incendi nel Pantanal. Del contenimento del fuoco nel bioma si occupano vigili del fuoco e volontari. Ferreira ha inoltre criticato l’avanzata dell’agribusiness nel Pantanal, sottolineando che da anni, nella regione, si “manca di rispetto” all’ambiente.

BolsoNero è abilissimo nello scaricarsi di dosso le colpe. Fa finta di non aver nulla a che fare con il genocidio causato dalla pandemia in Brasile, con l’invasione delle terre indigene, con l’interferenza nell’operato della Polizia Federale di Rio per difendere i figli, con le onorificenze assegnate ai miliziani dai suoi familiari, con gli assegni a Fabrício Queiroz (ex-consigliere di Flavio, figlio dello stesso presidente, arrestato nell’ambito di un’indagine per corruzione), con l’aumento del prezzo del riso, con la crescita dei dati sulla disoccupazione (13,7 milioni di lavoratori) e con i tanti altri provvedimenti di governo che stanno portando il nostro Paese alla rovina.

Nel cantare l’inno nazionale, invece di declamare “Se em teu formoso céu risonho e límpido, a imagem do Cruzeiro resplandece” (se nel tuo bel cielo, ridente e limpido, risplende l’immagine della Croce del Sud), più appropriato sarebbe oggi intonare “Sob teu cinzento céu tristonho e enfumaçado, as labaredas das queimadas resplandecem” (sotto il tuo triste cielo fumoso, il bagliore dei roghi risplende).


Frei Betto è scrittore, autore di numerosi libri, e co-autore, insieme a Marcelo Gleiser e Waldemar Falcão di “Conversa sobre fé e ciência” (Agir/Nova Fronteira). Website e libreria virtuale: www.freibetto.org

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