Da ora in poi, non un disoccupato in più – intervista a João Pedro Stedile

28/12/2015 intervista di Bruno Pavan, Brasil de Fato, São Paulo (SP)

In una intervista di bilancio dell’anno che finisce e guardando alle prospettive per il 2016, il dirigente del MST afferma che l’anno trascorso è stato “un anno perduto per i lavoratori brasiliani” e che i movimenti devono esigere cambiamenti nella politica economica.

L’anno che si chiude ha rappresentato una congiuntura estremamente complessa per il Brasile. Di fronte a tale scenario, i movimenti popolari hanno costruito nuovi spazi di articolazione per le lotte sociali. João Pedro Stedile, della direzione nazionale del Movimento Sem Terra e membro del Fronte Brasile Popolare, ritiene che il 2015 è stato “un anno perso per i lavoratori brasiliani”.

In una intervista a Brasil de Fato, Stedile valuta che “la favola dell’impeachment” terminerà entro aprile 2016 e che il prossimo anno sarà segnato dalla lotta sulla conduzione della politica economica del governo. “Non un disoccupato in più”, sostiene  João Pedro.

Brasil de Fato – Che bilancio  fanno i movimenti che compongono il Fronte Brasile Popolare dell’anno che sta finendo, in termini di lotte e di scontri politici?

João Pedro Stedile – Il Fronte Brasile Popolare è un fronte ampio, un’alleanza delle più diverse forme di organizzazione del nostro popolo: movimenti popolari, della gioventù, sindacati e partiti. Noi prendiamo sempre le decisioni per consenso, non abbiamo coordinamenti, nè portavoce. Quindi non posso e non devo parlare per il Fronte Brasile Popolare. Parlo per quel che vedo nei movimenti della Via Campesina, nei movimenti popolari e nei miei spostamenti all’interno del Brasile. In termini generali, penso che possiamo dire che il 2015 è stato un anno perduto per i lavoratori brasiliani. Un anno nel quale la mediocrità politica ha dominato. La maggioranza del popolo brasiliano, con 54 milioni di voti, ha rieletto la presidente Dilma. Tuttavia, settori delle classi dominanti e i partiti più conservatori non si sono dati per vinti e hanno voluto rimettere in discussione la guida dell’esecutivo. Hanno cominciato a cospirare, fin dall’insediamento della presidente. Per questo hanno utilizzato gli spazi nei quali hanno assoluta egemonia  – come i media corporativi, il potere Giudiziario e il Congresso – per cercare di rovesciare la presidente. Il governo federale si è spaventato, ha costruito un governo mediocre che non rappresenta le forze che hanno eletto Dilma e ha passato l’anno a difendersi, generando una situazione di scontro e di manovre solo intorno alla piccola politica.

 

E qual è il bilancio delle mobilitazioni?  

Bene, penso che sia stato un anno ben combattuto. All’inizio, in marzo e aprile, molti settori della sinistra istituzionale non volevano andare in strada. Siamo stati noi, movimenti popolari e centrali sindacali, che abbiamo insistito sulla linea che il nostro principale scontro con la destra avrebbe dovuto essere in strada. La destra ha avuto il suo momento migliore in marzo e poi è andata perdendo slancio in agosto ed è caduta nel ridicolo in dicembre. I movimenti popolari hanno proceduto in maniera inversa: siamo cresciuti piano piano e abbiamo dato il meglio in dicembre, con mobilitazioni di massa, in molte capitali, soprattutto a São Paulo.   Penso che ora riusciamo a coinvolgere non solo i militanti; molta gente della base ha cominciato a partecipare e è scesa in strada. Penso che nelle strade l’impeachment è stato sconfitto. Visto che la piccola borghesia reazionaria, che vociferava invocando il golpe con il ritorno dei militari, non è riuscita a mobilitare nessuno salvo loro stessi. Oltre a questo, la piccola borghesia nella società brasiliana è insignificante in termini di base sociale.

 

E in campo economico, qual è il bilancio?

Il bilancio è estremamente negativo in campo economico. L’economia brasiliana vive una grave crisi, frutto della sua dipendenza dal capitalismo internazionale e del controllo egemonico delle banche e delle transnazionali. Abbiamo chiuso l’anno con la caduta del 4% del PIB. Sono caduti gli investimenti produttivi, sia da parte del governo e delle imprese statali, che da parte degli imprenditori. Il governo ha commesso vari errori che hanno aggravato la crisi. Prima di tutto, ha messo un neoliberista al Ministero dell’Economia, che certo sarebbe stato ministro nel caso di vittoria di Aécio Neves.   Le misure neoliberiste di aumento del tasso di interesse dal 7 al 14,25%, i tagli alle spese sociali, l’aggiustamento fiscale hanno prodotto solo ulteriori problemi per il popolo e per l’economia. L’inflazione ha raggiunto il 10% all’anno e la disoccupazione la media dell’8,9% della classe lavoratrice. Il tesoro nazionale ha pagato 484 miliardi di reais di interessi e ammortizzazione alle banche. Hanno usato il denaro pubblico per garantire la rendita della speculazione finanziaria, invece di investire nella soluzione dei problemi e negli investimenti produttivi. Per fortuna il ministro è caduto. Ha lasciato dietro di sè, tuttavia, un anno perduto. Bisogna cambiare la politica economica non solo chi la gestisce.

 

Come analizzano i movimenti popolari la tragedia ambientale successa a Mariana?   

Il 2015 resterà segnato dal maggior crimine ambientale della storia del paese e forse uno dei maggiori del pianeta. E perchè è successo? Per l’ingordigia delle imprese minerarie, in questo caso la Vale, di ottenere il massimo lucro. In altri paesi i rifiuti delle imprese minerarie sono trattati in modo diverso, ma costa più caro. Qui, protetta dai politici che finanzia e dalle benevole autorità, la Vale preferisce lasciare i rifiuti in bacini chiusi da dighe – procedimento, secondo gli specialisti, che non offre nessuna sicurezza. Si sono già rotte 5 dighe nel paese e ce ne sono altre 48 in condizioni simili. Migliaia di persone sono state colpite. Hanno ucciso il Rio Doce, in tutta la sua estensione di 700 chilometri. E nessuno sa come tutto questo potrà essere recuperato. Se avessimo un governo più coraggioso, sarebbe stato il momento di proporre una ristatalizzazione della Vale e usare tutti i suoi profitti per riparare i danni causati. Invece il processo, che ha annullato per frode l’asta con cui la Vale è stata privatizzata, è bloccato da anni nel Tribunale Federale Regionale del Pará.

 

Qual è la valutazione del comportamento del Congresso Nazionale e in particolare della Camera dei deputati durante il 2015?

Il Congresso è stato lo specchio maggiore della mediocrità della politica durante quest’anno. Prima di tutto, hanno eletto  Eduardo Cunha [PMDB-RJ] come presidente della Camera, anche se tutti conoscevano i suoi imbrogli. E quando Cunha ha saputo che la Procura della Repubblica avrebbe richiesto la sua destituzione e la sua carcerazione, ha anticipato le cose e ha proposto l’impeachment della presidente Dilma. Ma il sortilegio si è rivoltato contro il mago e la presidente Dilma si è salvata, anche a causa della ferocia e dei tentativi di manipolazione del mago, che ha usato false argomentazioni. Sono sicuro che con il procedimento stabilito dal STF (Supremo Tribunale Federale) il governo avrà i voti necessari alla Camera e al Senato per bloccare il processo.

E’ necessario che il signor Cunha sia giudicato dal STF il più rapidamente possibile. Tuttavia, aldilà degli artifici dell’Ali Babà brasiliano,  il Congresso si è rivelato estremamente conservatore su tutti i temi che ha affrontato. Alcuni dei provvedimenti approvati, rappresentano un passo indietro, una distruzione di ciò che è stato costruito nella costituente del 1988 e sono in totale contrasto con le aspirazioni e le pratiche della società. Vari progetti assurdi, senza senso, stanno attraversando il Congresso, in particolare la Camera. Dalla diminuzione della maggiore età penale, alla proibizione di scrivere nelle etichette che il prodotto è transgenico – negando l’informazione al consumatore, all’autorizzazione dell’uso di sementi sterili, alla privatizzazione della Petrobras – progetto del senatore  Serra [PSDB] – fino a misure omofobiche e estremamente reazionarie. Tutto questo è frutto del fallimento della democrazia parlamentare brasiliana, causato dal sequestro che le imprese hanno realizzato con il finanziamento milionario delle campagne politiche. Secondo quanto ha rivelato l’ex-ministro Ciro Gomes, il deputato Eduardo Cunha avrebbe distribuito 350 milioni di reais delle imprese per eleggere deputati amici, che ora lo sostengono…..

 

E qual è la soluzione per questo malfunzionamento della democrazia brasiliana?

Noi dei movimenti popolari abbiamo sostenuto la necessità di una riforma politica profonda, che realizzi diverse modifiche nel regime politico, nel sistema elettorale, per restituire al popolo il diritto di scegliere, senza le influenze dei media o del capitale.  Ci sono diversi progetti di legge presentati alla Camera da varie entità della Coalizione Democratica…..Tuttavia, questo Congresso non vuole e non ha neanche la moralità necessaria a tagliare le sue stesse dita. Quindi, dobbiamo lottare per una Assemblea Costituente che ci sarà solo con un ritorno alla crescita dei movimenti di massa. Quindi, ci vorrà tempo, ma è l’unica via d’uscita politica percorribile e necessaria.

 

E c’è stata qualche conquista nell’agenda della riforma agraria? Come vanno le lotte e cosa fa il governo in questo settore?

Questo è stato un anno perduto anche per i senza terra e per l’agricoltura familiare. Il governo ha messo insieme una buona équipe al Ministero dello Sviluppo Agrario e all’Incra, ma ha consegnato il Ministero dell’Agricoltura a chi c’è di peggio nella politica brasiliana. E, con i tagli dell’aggiustamento fiscale neoliberista, ha colpito in pieno la riforma agraria. Le poche conquiste ottenute sono state frutto di grande mobilitazione e pressione sociale. Il governo non ha tenuto fede alla sua promessa di accelerare l’insediamento delle 120.000 famiglie accampate in tutto il paese. Non c’è stato nessun nuovo contratto di costruzione di case in ambito rurale. La Compagnia Nazionale di Approvvigionamento (Conab) ha abbandonato gli ottimi programmi del PAA (Programma di Acquisizione degli Alimenti), che stabilivano la consegna simultanea ad organizzazioni urbane; ci sono stati tagli di risorse del Pronera (Programma di Educazione nella Riforma Agraria) e dell’Ates (Assistenza Tecnica degli Insediati). Tutto è rimasto fermo o è peggiorato. Nei governi precedenti, avevamo conquistato il Piano Nazionale di Diminuzione dell’Uso di Veleni Agricoli (Pronara), firmato da sette ministri; ma la “ministra dei veleni in agricoltura” ha messo il veto e la presidente non ha avuto il coraggio di promulgarlo. Il programma di appoggio all’agricoltura agroecologica  (Planalpo), contiene buone linee di azione, ma non ha risorse…e così via. Abbiamo perso un anno per l’agricoltura familiare e la riforma agraria. Spero che il governo smetta di illudersi rispetto all’agrobusiness, che si ingrassa con il lucro delle esportazioni di commodity da parte di imprese transnazionali, ma non arricchisce la società. E anche nell’agrobusiness gli investimenti in macchine e  input sono caduti del 30%.

 

Quali sono le prospettive politiche per il 2016, nell’ottica dei movimenti  popolari?

La nostra aspettativa è che entro aprile finisca la favola dell’impeachment. E, da qual momento, il governo si ricomponga con una nuova alleanza di partiti e che si dimostri adeguato alla realtà sociale.  E che il governo torni ad assumere gli impegni che si era dato nella campagna. Se il governo non darà segnali di cambiamento, nel senso di realizzare quanto Dilma ha promesso nella campagna elettorale, sarà un governo che si autocondannerà al fallimento. Poichè non ha la fiducia delle élite, che hanno tentato di travolgerlo e, nello stesso tempo, non assume misure a favore dell’immensa base sociale, che è l’85% della popolazione brasiliana. Spero che il governo abbia un minimo di visione politica per scegliere la parte giusta.

 

La CUT si è già espressa per un cambiamento nella politica economica e ha fatto critiche al governo di Dilma. Come valutate questo atteggiamento?

La CUT e le altre centrali sindacali si sono comportate molto bene nel 2015, quando hanno mobilitato le loro basi contro il golpe, ma anche in difesa dei diritti dei lavoratori. Ho letto la nota della CUT, che saluta l’uscita dal governo di Levy, ma avverte il governo medesimo che si deve cambiare la politica economica. E i segnali che il signor Barbosa (che ha sostituito Levy al Ministero dell’Economia)  sta dando sulla stampa non sono buoni, con la ripresa dell’agenda neo-liberista, con  la riforma della previdenza per aumentare l’età minima, con la riforma tributaria per consolidare i tagli agli oneri sociali e la riforma del lavoro per ridurre i diritti dei lavoratori. La CUT ha già annunciato che lotterà contro tutto questo. E anche noi saremo insieme al movimento sindacale. Se il governo toccherà l’età minima delle pensioni rurali, ci sarà una rivolta nelle campagne e contro il governo. Sto solo avvisando.

 

Ci sono proposte alternative di politica economica da parte dei movimenti popolari?  

Nell’anno 2015, circa 150 tra i nostri migliori economisti, che sono nelle università, nei sindacati e negli istituti di ricerca hanno passato mesi a discutere e hanno presentato un documento con misure di breve e di medio periodo per uscire dalla crisi economica. Il governo non gli ha prestato attenzione.  C’è voluto l’intervento del Fronte Brasile Popolare perchè potessero presentare il documento direttamente al governo, il che è successo solo il 16 dicembre scorso. Ho ascoltato molti economisti, imprenditori, ricercatori e politici nazionalisti. E tutti hanno proposte chiare. Il problema è che il governo è sordo e auto-sufficiente.  Il governo deve presentare urgentemente un piano di ripresa della crescita dell’economia e proporre un patto tra lavoratori e imprenditori che ponga fine all’aumento della disoccupazione. Non ci deve essere neanche un disoccupato in più, a partire da ora. Ho sentito la proposta di usare, per esempio, 100 miliardi di dollari delle nostre riserve (che sono 350 miliardi) – e quindi questo non colpirebbe il flusso del commercio e nessun pagamento estero – usandoli per investimenti produttivi,  nelle costruzioni civili, che rapidamente attivano tutta l’economia, nelle infrastrutture cittadine, nell’agricoltura familiare e nell’educazione. Immaginate di investire in alcuni mesi 400 miliardi di reais in investimenti produttivi, certamente attiverebbero l’economia per tornare a crescere, garantendo occupazione e reddito anche ai lavoratori. Il governo deve diminuire il tasso di interesse, e spostare, parte delle risorse pagate alle banche in interessi, alla Petrobras perchè riprenda le sue opere lasciate in sospeso; ad alcune manca solo un 10% perchè siano terminate, ma sono ferme. Dare risorse anche perchè la BNDES finanzi l’industria e le grandi opere nelle città. Le proposte non mancano. Al governo manca il coraggio di costruire una grande coalizione sociale delle forze popolari e imprenditoriali per cambiare la direzione della sua politica economica. Se resterà invischiato nella burocrazia e nei conti pubblici, sarà un governo destinato al fallimento e non ci sarà possibilità di difenderlo. Per questo deve dare rapidamente segnali.

 

Anche se valutate che la questione dell’impeachment si risolverà rapidamente, come si stanno organizzando i movimenti per affrontare la questione?

Durante il mese di gennaio, ogni movimento farà le proprie valutazioni e bilanci e tirerà gli insegnamenti da quanto successo nel 2015. Poi, realizzeremo la nostra plenaria nazionale del Fronte Brasile Popolare, per decidere che cosa faremo insieme nel 2016. Per ora c’è la volontà politica  di organizzare – nei giorni o nella settimana delle votazioni decisive del processo di impeachment – un accampamento a Brasilia e di fronte alle assemblee legislative delle varie capitali. E anche di fare veglie di massa in difesa della democrazia e contro il golpe. Ho partecipato a una mobilitazione e assemblea popolare a Porto Alegre [RS], dove abbiamo deciso che rifaremo – in memoria di Leonel Brizola, che nell’agosto del 1961  frenò il golpe contro  Goulart, con la sua campagna per la legalità – un accampamento di fronte al Palazzo Piratini, Faremo una veglia per la democrazia e un accampamento di fronte al Palazzo Piratini.

 

Parlando delle aspettative e prospettive per il 2016, come si inseriscono le elezioni municipali in questo scenario?  

L’aspettativa che abbiamo è che il clima per le mobilitazioni di massa sarà più favorevole durante il primo semestre del 2016: da un lato, diversi settori della classe lavoratrice stanno affrontando gravi problemi con la disoccupazione e l’inflazione; dall’altro, più settori sociali stanno rendendosi conto che usciremo dalla crisi solo con le mobilitazioni popolari. Il periodo elettorale galvanizza l’attenzione solo durante la fase della campagna. E comunque c’è sfiducia nei confronti della politica istituzionale;  è probabile che nelle grandi città ci sia un certa apatia nei confronti delle elezioni. Nelle città dell’interno, quel che determina le elezioni municipali gira sempre intorno alla persone e alle famiglie.

 

Infine, secondo lei, come si devono comportare le organizzazioni popolari e di sinistra nel prossimo anno?

Noi abbiamo ancora molte sfide, storiche, che dobbiamo affrontare nel prossimo anno e nel medio periodo. La società brasiliana sta vivendo una crisi economica, sociale, politica e ambientale. E questa crisi sarà superata soltanto con un progetto di paese che riesca a riunire la maggior parte della società per creare una nuova egemonia intorno a questo obbiettivo. Il capitale finanziario e le transnazionali vogliono il ritorno al neoliberismo, ma non conquistano egemonia nella società, perchè i brasiliani sanno che questo progetto interessa solo ai grandi capitalisti. La borghesia interna, produttiva, non ha un progetto. La piccola borghesia voleva l’impeachment e sarà sconfitta. E la classe lavoratrice non ha trovato ancora l’unità intorno a un progetto per il paese e sta attonita di fronte ai problemi.

Una nostra sfida è quella di collegare tutti i mezzi di comunicazione alternativi, popolari per far fronte al massacro giornaliero dei media borghesi. Abbiamo di fronte la sfida di riprendere il dibattito sulla necessità di una riforma politica, che potrà esserci solo con un’Assemblea Costituente. E un’altra sfida è quella di fare pressione sul governo perchè cambi la sua politica economica, per evitare che i problemi dell’economia e della classe lavoratrice si aggravino. E se il governo non cambierà entro aprile, dando segnali chiari che facciano capire da che parte sta, certamente perderà la sua base sociale e si trasformerà in un governo in crisi permanente fino al 2018.

traduzione di Serena Romagnoli – www.comitatomst.it

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