Punto di osservazione – di Erri De Luca

È stata Pasqua di pattuglie in strada a contenere la voglia di uscire incontro alla festa di primavera. Ha costretto a ricordare di che giorno si tratta: la liberazione dalla morte del condannato alla crocefissione, la forza che rimuove la pietra del sepolcro e smentisce la morte.
Come non muore il seme sottoterra, invece si trasforma, germoglia, aprendosi la via verso l’aperto. È stata Pasqua di semina, di passi rimandati, ma non per questo fermi. Sono, al contrario, settimane di un intenso viaggio. Si sta dentro il proprio vagone mentre al finestrino scorre, invece del paesaggio, il tempo. Scorre il tempo di fuori, dei bollettini medici che sono i soli titoli che contano e sono pure titoli di viaggio verso una destinazione ancora incerta. Ma pure dentro lo stesso treno, continuano a esserci vagoni di prima, seconda e terza classe, dove chi ha meno spazio intorno e sta più stretto, ha più perdite e soffre più sconforto.


Scorre il tempo di dentro che cerca una bilancia, un contrappeso al piatto stracarico di lutti. Doveva esserci proprio la decimazione per tornare a vedere dal Punjab la catena montuosa Himalayana, i delfini a Napoli nel mare di Posillipo, messaggi equivalenti alle lucciole che mancavano a Pasolini?
Siamo una specie che si attacca ai simboli per intendere la propria realtà, trovare una potente spiegazione al dilagare degli effetti, in cerca di un punto di equilibrio tra se stessa e il mondo.
Pasqua di viaggio dentro il convoglio di una Transiberiana diretta verso oriente, che è origine, recupero, restauro. È viaggio partito dal binario morto di una vita intesa come accaparramento. Si sta condividendo un mistero in corso, che ha l’andamento di una conversione.
Lungo qualche via verso Damasco, la specie umana è ruzzolata sbattendo faccia a terra e scoprendo che tale posizione è un adeguato punto di osservazione del futuro.

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