Lettera Rete di Quarrata – novembre 2022

Carissima, carissimo,

Il 30 ottobre i brasiliani hanno votato per la democrazia.

Milioni di affamati hanno potuto tirare un sospiro di sollievo. Ha prevalso l’osservanza dell’ordine costituzionale. Sono stati 2.160.000 i voti che hanno separato la vittoria di Lula su BolsoNero.

L’effetto della vittoria è stata una gioia indescrivibile. Festeggiare, gioire ed essere orgogliosi sono stati i sentimenti più importanti che hanno fatto esplodere nei brasiliani pianti e grida primordiali di liberazione, come di coloro che si sentivano prigionieri in una caverna buia senza speranza, mentre adesso possono festeggiare in tutto il paese.

Questo non deve far dimenticare che l’élite al potere si opporrà ferocemente al presidente eletto Luiz Inácio Lula da Silva. L’élite non accetta  qualcuno che venga  dal piano di sotto e rappresenti i desideri ancestrali delle grandi maggioranze emarginate e vergognosamente disprezzate. Questa élite si sentiva rappresentata dalla politica di estrema destra e antidemocratica del presidente Jair Bolsonaro, a cui non ha mai negato il sostegno, nonostante i crimini commessi contro il popolo durante la pandemia e le minacce di attuare un  colpo di stato e occupazione delle istituzioni democratiche. Questa élite dominante, non è mai andata d’accordo con la democrazia, amando sempre il regime dittatoriale e militare.

La festa è anche il momento più espressivo  in cui il senso segreto della lotta rivela tutto il suo valore e tutta la sua forza. La gioia è stata indescrivibile quando il presidente eletto Lula, in Egitto, ha affrontato la questione del nuovo regime climatico della terra, il 16 novembre scorso alla COP27. Ha illustrato la gravità della situazione nella quale riversa il pianeta e le  conseguenze per i più vulnerabili in termini di danni e fame. Ha sfidato i potenti a mantenere ciò che hanno promesso: aiutare i paesi più deboli e quelli più duramente colpiti dalla mutata situazione sulla Terra stanziando un miliardo di dollari all’anno.

Quale capo di stato al mondo avrebbe avuto  il coraggio di dire le verità che Lula ha pronunciato  di fronte ad una platea così rilevante? Ha preso impegni con responsabilità e ha riportato il paese sulla scena mondiale. In larga misura il futuro della vita su questo pianeta dipende da come viene trattata l’Amazzonia, che ha un’estensione in  nove paesi. Ha affermato con forza che solo insieme, possiamo aiutare l’umanità a trovare una via d’uscita dalla sua crisi sistemica e garantire un buon destino per la vita e per tutti gli abitanti di questo piccolo pianeta.

Nello stesso luogo un rappresentante degli Stati Uniti, ha annunciato che abbiamo raggiunto il numero di 8 miliardi di abitanti, rivendicando con orgoglio che i tre uomini più ricchì degli Usa, ad oggi,  posseggono l’equivalente di 167 milioni di americani. Una vergogna!

Non so quanti di noi hanno contatti diretti con i poveri, ma quasi tutti conoscono  il divario presente   tra le persone molto povere e/o escluse e il mondo dei ricchi e benestanti.

La povertà è terrificante e umiliante. Nessuno la sceglie. A rigor di termini,  esistono gli impoveriti. Persone che sono state guidate dalle strutture della nostra società ad essere private dei diritti fondamentali, come il cibo, la salute e l’istruzione.

Nel novembre del 1989 è caduto il muro di Berlino. Quel evento storico fece nascere  in me la grande speranza che, da quel momento in poi, il mondo non avrebbe avuto più muri di segregazione ma nuovi ed ampi spazi per costituire una nuova società di inclusione. Purtropppo si è rivelta una  vana aspettativa. Almeno due eventi hanno dato origine a nuove mura: la caduta delle torri gemelle negli Stati Uniti l’11 settembre 2001 e la crisi dei rifugiati nel 2015, quando un milione di loro entrarono in Europa.

Come struttura fisica spiccano due muri: quello costruito da Israele per segregare i palestinesi, e quello che la Casa Bianca ha eretto sul confine Usa-Messico (3.145 km) per cercare di contenere l’ondata migratoria. Secondo Frank Jacobs, attualmente sono almeno 70 i muri in tutto il mondo.

Tuttavia, il muro più massiccio e insormontabile risiede nel cuore umano. Il pregiudizio, il fondamentalismo, la discriminazione e l’arroganza creano maggiormente  barriere tra gli esseri umani e cementano le evidenti disuguaglianze sociali.

Questo è il contesto in cui il nostro amico Lula si appresterà il prossimo 1° gennaio a prendere le redini del Brasile.

Il futuro del mondo è anche nelle nostre povere e impotenti mani che noi piccoli  gruppi, di irriducibili della Rete Radiè Resch,  abbiamo nel sostenere Lula alla presidenza e nella salvaguardia dell’Amazzonia, cioè dell’intera umanità.

Adesso più che mai il Brasile ha bisogno di noi, urge un  sostegno dei suoi Movimenti Popolari, da quello dei Senza Tetto a quello dei Senza Terra, dai sindacati alle Comunità di base…

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           Antonio

 

N.B. 1 – E’ notizia di pochi minuti –domenica 20 novembre-  è mancata Hebe de Bonafini, storica presidente delle Madri di Plaza de Mayo, aveva 93 anni. Due suoi figli erano fra i “desaparecidos”, più volte l’abbiamo invitata a Quarrata e alla Marcia per la Giustizia. Il governo argentino per l’ occasione ha decretato 3 giorni di lutto nazionale.

 

N.B. 2 – segue il discorso di Lula fatto alla Cop 27 in Egitto:

 

Discorso di Lula alla Cop 27 il 16 novembre 2022

In primo luogo desidero ringraziare per l’opportunità di essere qui in Egitto, culla della civiltà, che ha svolto un ruolo straordinario nella storia dell’umanità.

Ringrazio anche l’invito a partecipare alla ventisettesima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Mi sento particolarmente onorato perché so che questo invito non è stato diretto a me, ma al mio paese.

Questo invito, fatto a un presidente da poco eletto e addirittura prima del suo insediamento, è il riconoscimento che il mondo ha fretta di vedere il Brasile partecipare di nuovo alle discussioni sul futuro del pianeta e di tutti gli esseri che vi abitano.

Il pianeta che ad ogni momento ci impone di ricordare che abbiamo bisogno gli uni degli altri per sopravvivere. Che da soli siamo vulnerabili dalla tragedia climatica.

Tuttavia noi ignoriamo questi gridi di allarme. Abbiamo speso miliardi di miliardi in guerre che portano solo distruzione e morti, mentre 900 milioni di persone nel mondo non hanno da mangiare.

Viviamo un momento di crisi multiple: crescenti tensioni geopolitiche, ritorno del rischi della guerra nucleare, crisi di fornitura di alimenti e energia, erosione della biodiversità, aumento intollerabile delle diseguaglianze.

Sono tempi difficili. Ma è stato nei tempi difficili e di crisi che l’umanità sempre ha incontrato forze per affrontare e superare sfide.

Abbiamo bisogno di più fiducia e determinazione. Abbiamo bisogno di più capacità di direzione per rovesciare la scalata del riscaldamento.

Gli accordi già conclusi non possono rimanere sulla carta.

Per questo è necessario rendere disponibili risorse affinché i paesi in sviluppo, specialmente i più poveri, possano affrontare le conseguenze di un problema in gran parte creato dai paesi più ricchi, ma che colpisce in modo sproporzionato i più vulnerabili.

Al termine di una disputa feroce, il popolo brasiliano ha fatto la sua scelta e la democrazia ha vinto. Così tornano in vigore i valori civilizzatori, il rispetto dei diritti umani e l’impegno di affrontare con determinazione il cambiamento climatico.

Sfortunatamente dal 2019 il Brasile si trova ad affrontare un governo disastroso sotto tutti gli aspetti.

Non per caso la frase che più ho sentito di dirigenti di differenti paesi è la seguente: “Il mondo ha nostalgia del Brasile”.

Voglio dire che il Brasile è tornato.

È tornato per riprendere i legami con il mondo e aiutare di nuovo a combattere la fame nel mondo.

Per cooperare di nuovo con i paesi più poveri, soprattutto dell’Africa, con investimenti e trasferimento di tecnologia.

Per stringere di nuovo relazioni con i nostri fratelli latinoamericani e caraibici, e costruire insieme a loro un futuro migliore per i nostri popoli.

Per lottare per un commercio giusto fra le nazioni e per la pace fra i popoli.

Siamo tornati per aiutare a costruire un ordine mondiale pacifico, incentrato su dialogo, multilateralismo e multipolarità.

Siamo tornati per proporre una nuova governance globale. Il mondo di oggi non è lo stesso del 1945. È necessario includere più paesi nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU e porre fine al privilegio del diritto di veto, oggi limitato a pochi, per una effettiva promozione dell’equilibrio e della pace.

Nella dichiarazione che ho fatto al termine delle elezioni in Brasile il 30 ottobre ho sottolineato l’importanza di unire il paese che è stato diviso a metà dalla diffusione in massa di fake news e discorsi di odio.

In quella occasione dissi che non esistevano due Brasili. Adesso voglio dire che non esistono due pianeti Terra. Siamo una unica specie, chiamata Umanità, e non ci sarò futuro se continueremo a scavare un pozzo senza fondo di diseguaglianze fra ricchi e poveri.

Abbiamo bisogno di più empatia gli uni verso gli altri. Dobbiamo costruire fiducia fra i nostri popoli. Dobbiamo superare e andare oltre ai nostri interessi nazionali immediati, per essere in grado di tessere collettivamente un nuovo ordine mondiale, che rifletta le necessità del presente e le nostre aspirazioni di futuro.

Sono qui per riaffermare l’incrollabile impegno del Brasile per la costruzione di un mondo più giusto e solidale.

Ripeto: nessuno è al sicuro. L’emergenza climatico colpisce tutti, sebbene i suoi effetti ricadano con maggiore intensità sui più vulnerabili.

La diseguaglianza fra ricchi e poveri si manifesta anche negli sforzi per la riduzione nei cambiamenti climatici.

L’ 1% più ricco della popolazione del pianeta supererà di 30 volte il limite di emissioni di CO2necessario per evitare che l’aumento della temperatura globale superi 1,5 gradi fino al 2030.

Questo 1% più ricco si avvia a emettere 70 tonnellate di gas pro capite all’anno. Dall’altro lato, i 50% più poveri del mondo emetteranno in media solo una tonnellata pro capire, secondo lo studio presentato dalla ong Oxfam nella COP 26.

Per questo la lotta contro il riscaldamento globale è inseparabile dalla lotta contro la povertà e per un mondo meno diseguale e più giusto.

Signori e signore, non vi è sicurezza climatica per il mondo senza una Amazzonia protetta.

Per questo motivo desidero approfittare di questa Conferenza per annunciare che la lotta al cambiamento climatico avrà il più alto posto nella struttura del mio governo.

Daremo priorità alla lotta contro il diboscamento in tutti i nostri biomi. Nei primi tre anni dell’attuale governo la deforestazione n Amazzonia è aumentata del 73%.

Nel solo 2021 sono stati spogliati 13.000 km2. Questa devastazione fa parte del passato.

I crimini ambientali, che sono cresciuti in modo spaventoso durante il governo che sta per giungere alla fine, saranno ora combattuti senza tregua.

Rafforzeremo gli organismi di controllo e i sistemi di monitoraggio disattivati negli ultimi quattro anni.

Puniremo in modo rigoroso i responsabili di ogni attività illegale, estrazione illecita di oro e preziosi, coltivazione mineraria, asportazione di legname o occupazione agro zootecnica indebite.

Tali crimini colpiscono soprattutto i popoli indigeni. E per questo creeremo il Ministero dei Popoli Originari.

I popoli originari e coloro che risiedono nella regione amazzonica devono essere protagonisti della preservazione della stessa. I 28 milioni di brasiliani che abitano in Amazzonia devono essere i primi partner, agenti e beneficiari di un modello di sviluppo locale sostenibile, non di un modello che distrugge la foresta, genera poca ed effimera ricchezza per pochi e danno ambientale per molti.

Proveremo che è possibile promuovere crescita economica e inclusione sociale avendo la natura come alleata strategica, e non più come nemica da abbattere a colpi di trattori e motoseghe.

Ho il piacere di informare che poco dopo la nostra vittoria nell’elezione del 30 ottobre, Germania e Norvegia hanno annunciato l’intenzione di riattivare il Fondo Amazzonia per finanziare misure di protezione ambientale nella maggiore foresta tropicale del mondo.

Il Fondo oggi dispone di oltre 500 milioni i dollari, congelati dal 2019, a causa della assenza di impegno dell’attuale governo per la protezione dell’Amazzonia.

Siamo aperti alla cooperazione internazionale, sia sotto forma di investimento che di ricerca scientifica, per preservare i nostri biomi.

Ma sempre sotto la direzione del Brasile, senza mai rinunciare alla nostra sovranità.

Anche coniugare sviluppo e ambiente è investire nelle opportunità create dalla transizione energetica.

La produzione agricola senza equilibrio ambientale deve essere considerata un’ azione del passato.

Abbiamo 30 milioni di ettari di terre agricole degradate. Abbiamo conoscenza tecnologica per renderle coltivabili. Non abbiamo bisogno di abbattere neppure un metro di foresta per continuare ad essere uno dei maggiori produttori di alimenti del mondo.

Questa è una sfida che si impone a noi brasiliani e agli altri paesi produttori di alimenti. Per questo siamo pronti per una Alleanza Mondiale per la Sicurezza Alimentare, per la fine della fame e per la riduzione delle diseguaglianze, con piene responsabilità climatica.

Desidero approfittare di questa occasione per garantire che l’accordo di cooperazione fra Brasile, Indonesia e Congo sarà rafforzato nel mio governo.

Insieme i nostri tre paesi ospitano 52% delle foreste tropicali primarie restanti nel pianeta.

Desidero anche proporre due importanti iniziative che saranno presentate formalmente dal mio governo che inizierà il 1° gennaio 2023.

La prima iniziativa è la realizzazione del Vertice dei Paesi Membri del Trattato di Cooperazione Amazzonica perché Brasile, Bolivia Colombia, Ecuador, Guyana, Peru, Suriname e Venezuela possano per la prima volta discutere in modo sovrano la promozione dello sviluppo integrato della regione, con inclusione sociale e responsabilità climatica.

La seconda iniziativa è offrire il Brasile come sede per la COP 30 del 2025. Saremo sempre più affermativi di fronte alla sfida di affrontare il cambiamento climatico, in linea con gli impegni degli accordi di Parigi e orientati dalla ricerca della decarbonizzazione dell’economia globale.

Sottolineo anche che nel 2024 il Brasile presiederà il G20. Siate sicuri che l’agenda climatica sarà una delle nostre priorità.

Signore e signori, nel 2009 i paesi presenti alla COP 15 a Copenhagen si erano impegnati a rendere disponibili 100 miliardi di dollari l’anno a partire dal 2020 per aiutare i paesi meno sviluppati ad affrontare il cambiamento climatico.

Questo impegno non è stato e non è onorato.

Questo ci porta a rafforzare ancora di più la necessità di avanzare in un altro tema di questa COP 27: con urgenza abbiamo bisogno di meccanismi finanziaria per compensare perdite e danni conseguenza del cambiamento climatico.

È un dibattito che non può più essere rinviato. Dobbiamo affrontare la realtà di paesi che vedono minacciata l’integrità fisica del proprio territorio e le condizioni di sopravvivenza dei propri abitanti seriamente compromessa.

È tempo di agire. Non c’è tempo da perdere. Non possiamo più convivere con questa corsa verso l’abisso.

Se potessimo riassumere in una unica parola il contributo del Brasile in questo momento, questa parola sarebbe quella che ha sostenuto il popolo brasiliano nei tempi più difficili: Speranza.

La speranza unita ad un’ azione immediata e decisiva, per il futuro del pianeta e dell’umanità.

Grazie a tutti.

Lula Luis Inacio da Silva

 

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