Il governo più a destra della storia d’Israele – di Natasha Roth-Rowland

da Internazionale n 1493 del 5-12 gennaio 2023
Articolo di Natasha Roth-Rowland, che sta svolgendo un dottorato in storia all’università della Virginia, negli Stati Uniti. La sua ricerca si concentra sull’estrema destra ebraica in Israele, Palestina e negli Stati Uniti.
Scrive per +972 Magazine, un sito indipendente gestito da un gruppo di giornalisti palestinesi e israeliani.
 
La nuova coalizione guidata da Benjamin Netanyahu si è insediata al potere. Prevede di aumentare la colonizzazione della Palestina e la repressione dei pacifisti e della comunità lgbt.

Accelerare l’annessione della Cisgiordania. Più immunità per i soldati israeliani che aggrediscono o uccidono i palestinesi. Negare l’accesso ai servizi medici alle persone della comunità lgbt. Svuotare di poteri la corte suprema. Far tornare in politica i terroristi ebrei.
Sono tutte proposte diffuse dai mezzi d’informazione israeliani nelle ultime settimane, mentre la coalizione del primo ministro Benjamin Netanyahu, che si è insediata al governo il 29 dicembre, metteva insieme i pezzi, attraverso intensi negoziati. Seguendo la traiettoria degli ultimi decenni, questo è il governo più di destra della storia del paese. È composto da un gruppo di ministri relativamente omogeneo dal punto di vista ideologico e dà un potere senza precedenti a estremisti che, fino a poco tempo fa, sembravano destinati a rimanere ai margini della politica. Resta da vedere quanto spazio di manovra Netanyahu e il Likud, il suo partito, concederanno agli alleati per portare avanti la loro visione fondamentalista del paese. Ma la debolezza del premier a causa dei processi a suo carico, e il potere e il prestigio che ha già dato agli esponenti dei partiti di estrema destra Sionismo religioso, Potere ebraico e Noam dipingono un quadro inquietante.
Netanyahu si presenta come un cuscinetto contro l’estrema destra, sostenendo che non permetterà ai fanatici religiosi del suo governo di scatenarsi. Ma le sue affermazioni pubbliche sono smentite dall’arrendevolezza che ha mostrato durante i negoziati delle ultime settimane.
Ecco un elenco di punti programmatici proposti dal nuovo governo:
-Annessione della Cisgiordania. Mentre l’annessione informale della Cisgiordania occupata è un progetto continuo e a lungo termine dei governi israeliani che si sono succeduti negli anni, Israele non ha (ancora) annesso formalmente la Cisgiordania, come fece all’inizio degli anni ottanta con Gerusalemme Est e le alture del Golan, conquistate nella guerra del 1967. Portare avanti questo programma è un obiettivo prioritario per Sionismo religioso e il suo capo Bezalel Smotrich, come confermato nell’accordo di coalizione con il Likud. Per ora, tuttavia, il punto centrale è accelerare l’annessione di fatto. I princìpi guida della nuova coalizione promettono di continuare un progetto coloniale che attraversa – e cancella – la linea verde, il confine tra Israele e Palestina precedente al 1967. In apertura, l’accordo di coalizione dichiara: “Il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e indiscutibile su tutte le aree della terra d’Israele. Il governo promuoverà e svilupperà gli insediamenti in tutte le parti della terra d’Israele: in Galilea, nel Negev, nel Golan, in Giudea e Samaria”. Il 27 dicembre la knesset, il parlamento israeliano, ha approvato una legge che pone di fatto l’amministrazione civile della Cisgiordania e il Cogat (l’unità del ministero della difesa che amministra l’occupazione e l’assedio della Striscia di Gaza) sotto la supervisione di Sionismo religioso. Ora, quindi, Smotrich è il “signore” delle parti della Cisgiordania che sono sotto il pieno controllo militare e civile israeliano e ospitano la maggior parte degli insediamenti, oltre ad avere un notevole potere sulla vita dei palestinesi della Striscia. Qualunque forma assumano le politiche di Smotrich è quasi certo che comporteranno: l’espansione degli insediamenti, anche legalizzando gli avamposti illegali secondo la legge israeliana; nomine per rendere più difficile ai palestinesi chiedere il riconoscimento legale delle loro terre e proprietà; agevolazioni fiscali per i coloni e un margine di manovra ancora più ampio sulle appropriazioni di terreni; l’armonizzazione delle leggi negli insediamenti con quelle all’interno della Linea verde. Smotrich potrà aumentare la cosiddetta applicazione della sovranità e altre punizioni contro i palestinesi dell’area C (la parte della Cisgiordania sotto il controllo d’Israele) negando i permessi di costruzione, demolendo case e altre strutture e limitando i permessi di uscita e di lavoro. Deciderà anche chi e cosa può entrare e uscire dalla Striscia di Gaza e quando.
-Ulteriore colonizzazione del Negev e della Galilea. Il Negev (Naqab in arabo) e la Galilea, dove si trovano importanti centri abitati palestinesi, rispettivamente nel sud e nel nord d’Israele, sono stati a lungo la base degli sforzi governativi per rafforzare la presenza ebraica all’interno della linea verde. Per l’estrema destra fanno parte – insieme alle città miste – della spinta israeliana a “ricolonizzare” aree considerate non abbastanza ebraiche a causa delle dimensioni delle popolazioni palestinesi. Entrambe le zone hanno quindi ricevuto notevole attenzione durante i negoziati, e Potere ebraico e Sionismo religioso hanno ottenuto un grande controllo su di esse. A Potere ebraico è andato il ministero dello sviluppo del Negev e della Galilea, che è stato ampliato per includere gli avamposti della Cisgiordania. Il leader del partito, Itamar Ben Gvir, in qualità di ministro della sicurezza nazionale, supervisionerà le istituzioni esecutive del governo relative alla terra e all’ambiente, tra cui l’Autorità per la natura e i parchi e l’Autorità della terra israeliana. Questo gli consentirà di avere una forte voce in capitolo nell’assegnazione dei terreni statali e nel loro utilizzo, da sfruttare contro le comunità palestinesi nelle aree che lo stato intende colonizzare. Sionismo religioso ha ottenuto dal Likud l’impegno a espandere la presenza ebraica nel Negev e nella Galilea e si è assicurato un certo potere all’interno dell’Autorità per la terra di Israele, piazzando nel suo consiglio la deputata Orit Strook.
-Minacce alla comunità lgbt. La lista elettorale congiunta di Sionismo religioso, terza per numero di voti alle elezioni di novembre, ha fatto guadagnare un seggio al partito di estrema destra Noam, portando il suo presidente, Avi Maoz, nella knesset. Il partito, che esiste da pochi anni, si oppone ai diritti della comunità lgbt. Quando ha capito che avrebbe fatto parte della coalizione di governo, Maoz ha cominciato a lanciare proposte politiche omofobe, tra cui vietare il gay pride. Netanyahu ha dato poco peso a questa idea, almeno in pubblico, ma ha affidato a Maoz un incarico nell’ufficio del primo ministro, con il compito di supervisionare l’“identità ebraica”, e con responsabilità anche sui programmi scolastici. La nomina è stata contestata da alcuni sindaci e autorità locali, ma le dichiarazioni omofobe di Maoz e dei suoi sostenitori sono continuate. Secondo alcuni resoconti, Noam avrebbe compilato delle liste di personalità omosessuali. La comunità lgbt ha lanciato l’allarme sul rischio di violenze. Una parte dell’accordo di coalizione ha anche concesso a Sionismo religioso la possibilità di emendare una legge antidiscriminazione, così da permettere ai fornitori di servizi di rifiutarsi di lavorare con altri sulla base delle loro convinzioni religiose. Questo elemento fa parte anche dell’accordo con il partito ultraortodosso Giudaismo unito della Torah. Orit Struck ha suggerito che, in base alla nuova legge, i medici potrebbero rifiutarsi di curare i pazienti omosessuali, mentre Simcha Rothman, un altro deputato di Sionismo religioso, ha affermato che i proprietari di hotel avrebbero il diritto di negare le camere a chi non è eterosessuale. Si è parlato anche di rendere di nuovo legale la “terapia di conversione”, di ripristinare il divieto per gli omosessuali di donare il sangue e di imporre di nuovo limiti per l’accesso alla chirurgia di riassegnazione del sesso.
-Radicalizzazione dall’alto delle forze di polizia. Il nuovo ministero della sicurezza nazionale sta già provocando scosse nel sistema della polizia israeliana. Il ministero concede a Ben Gvir – un simpatizzante del terrorismo già condannato e con una lunga storia di violenza e istigazione all’odio, soprattutto contro i palestinesi – poteri dittatoriali sulle varie forze di polizia israeliane, da entrambi i lati della linea verde. Secondo l’accordo di coalizione del Likud con Potere ebraico, passato alla knesset il 28 dicembre, la polizia di frontiera – che pattuglia la Cisgiordania e Gerusalemme Est – è stata sottratta all’autorità della polizia israeliana e ora dipende direttamente dal ministero di Ben Gvir. Gli agenti di frontiera sono quelli che reprimono le proteste palestinesi, demoliscono le case e sorvegliano le aree prevalentemente palestinesi all’interno della linea verde. Ben Gvir ha promesso di garantire ancora più immunità agli agenti accusati di aver ucciso o aggredito dei palestinesi. E grazie all’accordo di coalizione, il nuovo ministro ha anche l’autorità per rendere ancora più permissive le regole per aprire il fuoco. Ben Gvir ha inoltre il potere di nominare il capo della polizia e di limitare l’intervento della polizia nelle aree in cui lui ha obiettivi politici e religiosi. Per esempio, potrà farlo sulla Spianata delle moschee (o Monte del tempio), a Gerusalemme, dove vuole espandere la preghiera ebraica e dove tradizionalmente, anche se in misura sempre minore, la polizia impone delle limitazioni agli estremisti.
-La guerra al sistema giudiziario. Al centro dei negoziati di Netanyahu c’è stata la volontà di minare il sistema giudiziario, in modo da togliere dai guai il premier nei processi in cui è imputato per corruzione (questo spiega in parte la sua remissività davanti agli alleati). Ma l’interesse è di tutti: i partiti di estrema destra vogliono piegare il sistema giudiziario alla volontà del governo e spingono per la cosiddetta clausola di scavalcamento, che permetterebbe alla coalizione di annullare le sentenze della corte suprema, riducendo drasticamente il potere della più alta corte del paese. Questo consentirebbe a una maggioranza risicata – 61 deputati su 120 – di annullare una decisione della corte suprema, per esempio una sentenza che boccia una legge discriminatoria votata dalla knesset. Così potrebbero essere approvate politiche che favoriscono la discriminazione razziale e religiosa, l’accaparramento di terre, la criminalizzazione della società civile palestinese e delle ong per i diritti umani. Un accordo di coalizione correlato prevede di cancellare i divieti per i deputati accusati o condannati per incitamento alla violenza e all’odio. La mossa è stata orchestrata da Ben Gvir per consentire il rientro in parlamento di alcuni compagni di partito. Il ministro userà la legge anche per impedire ai politici palestinesi di entrare alla knesset. L’accordo di coalizione tra il Likud e Sionismo religioso ripropone inoltre la detenzione senza limiti di tempo per i richiedenti asilo, un’idea in passato bocciata dalla corte suprema. Il Likud e Potere ebraico hanno anche stabilito di approvare una legge entro il prossimo anno per istituire la pena di morte per i “terroristi” (palestinesi).
-Giro di vite sulla società civile. Anche prima dell’insediamento di questo governo era aumentata la repressione statale nei confronti di attivisti, giornalisti e gruppi della società civile. Nelle ultime settimane i soldati hanno aggredito attivisti di sinistra in Cisgiordania; un giornalista è stato arrestato dopo aver lodato un palestinese per aver cercato di attaccare le forze di sicurezza israeliane invece dei civili; e un deputato del Likud ha chiesto d’incarcerare Avner Gvaryahu, capo dell’ong Breaking the silence. La coalizione sembra intenzionata a criminalizzare, perseguitare e ostacolare i difensori dei diritti umani e civili, così come i giornalisti, su entrambi i lati della Linea verde. Smotrich ha chiesto che i gruppi per i diritti umani siano presi di mira “dal punto di vista legale e della sicurezza”, definendoli “una minaccia esistenziale per lo stato di Israele”, e ci sono piani per tassare le donazioni fatte alle ong di sinistra dai governi stranieri. Si sta parlando di un progetto per criminalizzare chi filma i soldati in servizio, mentre il Likud minaccia di nuovo di chiudere il notiziario dell’emittente pubblica israeliana, che Netanyahu in passato aveva accusato di essere troppo di sinistra.

La mattina del 3 gennaio 2023 Itamar Ben Gvir, nuovo ministro della sicurezza nazionale ed esponente dell’estrema destra israeliana, è andato alla Spianata delle moschee, un luogo al centro delle tensioni tra israeliani e palestinesi a Gerusalemme Est. Il sito, chiamato Monte del tempio dagli ebrei, ospita la moschea Al Aqsa; è uno dei più importanti per l’islam e il più sacro per l’ebraismo. Si trova nella città vecchia di Gerusalemme, nel settore palestinese occupato e annesso da Israele. Ben Gvir ha sempre sostenuto che gli ebrei dovrebbero avere un maggiore accesso a questo luogo. Per i palestinesi si tratta di una provocazione che prelude alla loro espulsione dall’area.
Il 2 gennaio le forze israeliane hanno ucciso due palestinesi durante un’operazione vicino a Jenin, in Cisgiordania, che aveva l’obiettivo di distruggere le case di due persone accusate di essere coinvolte in un attacco contro un comandante israeliano. Mohammad Hoshiyeh, 22 anni, e Fouad Abed, 25, sono stati le prime vittime palestinesi del 2023. Secondo le Nazioni Unite, il 2022 ha registrato più vittime tra i palestinesi della Cisgiordania degli ultimi sedici anni. Le forze israeliane ne hanno uccisi almeno 171, tra cui trenta minorenni. Altri novemila sono stati feriti.
Il 30 dicembre 2022 l’assemblea generale dell’Onu ha adottato una risoluzione con cui chiede alla Corte internazionale di giustizia di esprimersi sull’occupazione israeliana dei territori palestinesi. La risoluzione è stata approvata da 87 paesi, tra cui la Cina, la Russia e tutti gli stati arabi, compresi quelli che hanno normalizzato le relazioni con Israele. Hanno votato contro 26 paesi, tra cui Regno Unito, Stati Uniti e Italia, mentre in 53 si sono astenuti. La Corte internazionale di giustizia ha sede all’Aja, nei Paesi Bassi; è il principale organo giudiziario dell’Onu e si occupa di dirimere le dispute tra gli stati. Le sentenze sono vincolanti, ma la corte non ha il potere di farle rispettare.     

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