I droni killer del Nobel per la pace – di Manlio Dinucci

Il Nobel per la pace, Barack Obama, ce la mette tutta, ma né lui né qualsiasi altro presidente degli Stati Uniti possono promettere la totale sconfitta del terrore, poiché “non saremo mai in grado di estirpare il male annidato nel cuore di alcuni esseri umani”. Lo annuncia nel discorso sulla  “strategia controterrorismo”.

Nonostante le sconfitte subite da Al Qaeda e dai suoi affiliati, “la minaccia oggi è più diffusa”  dallo Yemen all’Iraq,  dalla Somalia al Nordafrica e in paesi come Libia e Siria gli “estremisti hanno preso piede” in seguito alle “agitazioni nel mondo arabo” (e non alle guerre  scatenate da Usa e Nato).   Prosegue dunque, sotto l’illuminata guida del Presidente, la lotta del Bene contro il Male,  ridefinendo però la  strategia:   da “illimitata guerra al terrore”  essa si  trasforma in una serie di “azioni letali mirate” con l’obiettivo di “smantellare specifiche reti di estremisti violenti che minacciano l’America”.  In  tali azioni saranno sempre più impiegati i Droni  teleguidati,  il cui uso è “ legale” secondo il diritto statunitense e internazionale, dato che gli Stati Uniti conducono una  “guerra giusta e di autodifesa”. L’uso dei droni contribuisce a  “salvare vite umane”, poiché aerei  e missili sono meno precisi e possono provocare un  maggior numero di vittime civili.

Da ora in poi, però,  le “azioni letali mirate”, condotte con  droni e forze speciali  “al di fuori delle zone di guerra”, saranno sottoposte  a una forte supervisione.  Ma precisa  Obama, “dobbiamo mantenere segreta l’informazione”.

Nessuno potrà quindi sapere  quale sarà l’effettivo uso di droni e di forze speciali. La forte “supervisione”  annunciata da  Obama  ha in  realtà lo scopo di spostare il controllo delle  azioni letali mirate, dalla  Cia  al  Pentagono.  In oltre un decennio di “guerra al terrore” è stata soprattutto la Cia a condurre  tali azioni con droni e agenti segreti, non solo in Afghanistan e Iraq, ma anche nello Yemen, in  Somalia e in molti altri paesi, ufficialmente non in guerra. In  tal modo però la  Cia si è allargata troppo, pestando i piedi al Pentagono.

Il Comando congiunto per le operazioni speciali del Pentagono, che effettua azioni parallele  a quelle della  Cia, ora vuole il controllo di tutte  le operazioni dei droni a cui la Cia contribuirà indicando gli obiettivi, umani e materiali, da colpire.  Lo spostamento del controllo  nelle mani  del Pentagono è funzionale anche al potenziamento dell’armata di droni, con l’obiettivo di passare da quelli  telecomandati a quelli completamente robotizzati.

Il 22 maggio, il giorno prima del discorso di Obama, la Northrop Grumman  ha effettuato il primo volo del MQ-4C Triton,  che sta costruendo la U.S.Navy:  il drone, con un’apertura alare di 40 metri (maggiore di quella di un  aereo linea Boeing 737). Esso può volare senza rifornimento oltre 30 ore per 18mia km, individuando automaticamente con i suoi sensori i vari tipi di nave e gli obiettivi da colpire. La Marina Usa ne ha ordinati 68,  una parte dei quali sicuramente sarà dislocata in un’altra base in Italia.

La stessa Northrop  Grumman, sei  giorni prima del discorso di Obama, ha iniziato sulla Portaerei George H.W.Bush,  le prove “touch and  go” (appontaggio e immediato decollo)   dell’X-47B: un  drone robot intelligente (grande quanto un caccia F/A-18 super Hornet)  che, una volta lanciato,  autonomamente raggiunge e colpisce l’obiettivo e ritorna sulla portaerei.

Continuando così a “salvare vite umane”. (?)

da “Il Manifesto”, 28 maggio 2013

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