Lettera Rete di Quarrata Natale 2014

Natale, riscopriamo la nostra umanità, reimpariamo a piangere
Oggi un male oscuro attanaglia tutti: l’indifferenza che è peggio dell’odio. Perchè l’odio puoi, in qualche modo, individuarlo e combatterlo, comprendendo che odiare fa principalmente male a chi odia, non all’odiato. L’indifferenza no, perchè si insinua nelle pieghe profonde dell’anima, perchè è il cancro invisibile che rode e uccide, prima che sia possibile intravvederlo.
Siamo ormai di fronte ad una indifferenza globalizzata, come l’ha chiamata papa Francesco a Lampedusa. Perché diffusa ad ogni latitudine e in ogni tempo; l’indifferenza è l’anestesia del cuore, che ha serpeggiato per anni di fronte ai vagoni di morti nella seconda guerra mondiale, di fronte alle brutali dittatura che hanno fatto sparire nel nulla milioni di uomini, donne e bambini  inermi. E non è certo solo questione di totalitarismo politico, se ancora oggi queste tragedie umane continuano, nonostante le democrazie diffuse, nonostante l’Onu e i suoi proclami sui diritti umani, nonostante il rapido sviluppo delle comunicazioni massmediali, che ci restituiscono in tempo reale notizie e immagini sconvolgenti.
Eppure continuiamo a trascinare le nostre vite, pensando che è sempre responsabilità di un altro. Di fronte al grido di Dio, dopo la morte di Abele: “Caino, dov’è tuo fratello?”, grido che ancora risuona in ogni parte del mondo, non c’è alternativa al pentimento, alla presa d’atto della propria, specifica responsabilità, al pianto.
Oggi nessuno piange più per le tante sofferenze e le tante morti, perché tutti ripiegati sul proprio io e volti alla soddisfazione dei propri, angusti desideri.
Reimparare a piangere, ad esprimere in modo concreto, immediato e non simbolico che qualcosa di prezioso -la commozione verso l’altro- si è perso, come si è smarrito il peso del dramma che le tante tragedie comportano.
E’ come se il linguaggio non trovasse più le parole per dire partecipazione al mistero del male che ci avvolge, così che il piangere ne fosse invece la sua dimensione più completa, capace di superare la frattura tra la sfera fisica e quella spirituale.
Termino con un esempio nostro, tutto italiano, di quella terra assolata di Sicilia, isola dalle tante contraddizioni, capace di essere “grembo” di accoglienza e di vita e al contempo zona franca in cui fiorisce il crimine organizzato, non può che cibarsi delle parole di papa Francesco e piangere con lui per il fallimento di ciò che è umano in noi e che si è inabissato in fondo al mare, come i tanti, i troppi corpi di decine di sventurati, avvicinatisi alle nostre coste.
Dovremmo tutti rileggere in silenzio le sue parole dure e drammatiche, perché scuotano le nostre sicurezze e ci spingano ad una conversione profonda: quei poveri della terra ci riguardano, uno per uno. Ce lo ha detto con voce forte e dura perché guarda con amore gli ultimi. Perché saranno i primi!
Che fare? Ci dovremmo interrogare sul perché abbiamo paura della nostra positività, della nostra bontà, della nostra propensione ad una vita piena e felice e ci si attarda ancora a muoversi nella diffidenza e dentro logiche di pura sopravvivenza. Tutte le positività di cui siamo depositari e custodi aspettano che le manifestiamo in tutta la loro potenzialità.
Ognuno di noi ha in “grembo” un boccio di felicità che deve aprirsi e dilatarsi, facendo si che ogni giorno sia Natale.                                                                        Antonio

Il Pegaso d’Oro a don Luigi CIOTTI, fondatore del Gruppo Abele e di Libera
Firenze 13 dicembre 2014
Il “Pegaso d’oro della Regione Toscana”, istituito nel 1993, è un riconoscimento per segnalare al pubblico encomio cittadini, italiani o di altri Paesi, che hanno reso un servizio alla comunità nazionale e internazionale attraverso la loro opera in campo culturale, politico, filantropico e del rispetto dei diritti umani. Consiste in una riproduzione del cavallo alato, simbolo della Regione Toscana, tratto da una moneta attribuita a Benvenuto Cellini. Fra i premiati, nel corso dei decenni, Luis Sepulveda e Margherita Hack, Roberto Benigni e Silvano Piovanelli, Eugenio Garin e Mario Luzi, Jacques Delors e Mikhail Gorbaciov.
Tutto centrato sull’esigenza di restituire il primato alla “coscienza” e alla “responsabilità” l’intervento di don Luigi Ciotti che, parlando in sala Pegaso affollata da autorità ed esponenti della società civile, non si è sottratto a commenti sulla stretta attualità di quanto sta accadendo a Roma (“Bene ha fatto la Procura a dare il 416 bis”). Per il fondatore del Gruppo Abele e di Libera (“è necessario fare pulizia, ma senza l’autoriforma delle coscienze il rinnovamento non sarà autentico”) l’augurio è quello a essere “eretici” puntando sulla dimensione, implicita in questo concetto, della scelta (“Eretico è chi sceglie, chi ama la ricerca della verità più della verità, chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non pensa che la povertà sia una fatalità perchè la speranza ha bisogno del contributo di tutti”). Un grande applauso ha accolto le parole di don Luigi che ha anche sottolineato la centralità della lotta alla corruzione nel magistero di papa Francesco.

Cuba e USA: l’inizio della fine del blocco
di Frei Betto
Il papa Francesco, festeggiando ieri 78 anni, ha fatto un inestimabile regalo al Continente americano: l’inizio della fine del blocco degli Stati Uniti contro Cuba e il riavviamento delle relazioni diplomatiche tra i due paesi.
Questo è stato il tema che Francesco ha messo al primo posto nel suo incontro con Obama, a Roma, nel marzo di quest’anno. Un anno prima, nell’assumere il pontificato, Francesco si era informato sulla questione ricevendo Diaz-Canel, primo vice-presidente del Consiglio dello Stato di Cuba.
Obama ha ammesso che “l’isolamento non ha funzionato”. Di fatto, il blocco imposto a Cuba,  contro tutte le leggi internazionali, non è riuscito neanche a indebolire l’autodeterminazione cubana, dopo la caduta del Muro di Berlino.
Fidel, a 88 anni, sopravvive a 8 presidenti USA, (4 ne ha sepolti), e a più di 20 direttori della CIA.
Gli USA fanno fatica ad ammettere che il mondo non è prodotto della loro volontà capricciosa.  Per questo ci hanno messo 16 anni per riconoscere l’Unione Sovietica; 20 per il Vietnam e 30 per la Repubblica Popolare della Cina. Ce ne sono voluti 53 per accettare che Cuba ha diritto alla sua autodeterminazione, come già aveva sostenuto l’Assemblea Generale dell’ONU.
Di fatto, gli USA e Cuba non hanno mai interrotto il dialogo. A   Washington ha funzionato per cinquant’anni  una legazione cubana, così come all’Avana l’edificio della   legazione USA si erge maestoso sul  Malecón.
La notizia di questo riavvicinamento segna la conclusione definitiva della Guerra Fredda nel nostro Continente. E Cuba ne esce bene poiché offre un’infrastruttura turistica sana, non inquinata e esente da violenza a un milione di canadesi che, d’inverno, con tre ore di volo, scambiano i 20 sotto zero di casa loro per i 30 gradi del mar dei Caraibi.
Con l’apertura del mercato cubano agli investimenti stranieri, gli USA, che ragionano con i numeri, non vogliono restare indietro rispetto all’Unione Europea, al Canada, al Messico, al Brasile e alla Colombia, che hanno stretto importanti partenariati con l’Isola rivoluzionaria. “invece di isolare Cuba, stiamo isolando solo il nostro paese, con politiche superate”, hanno scritto in una lettera a Obama i parlamentari USA  Patrick Leahy (democratico) e Jeff Flake (repubblicano) al ritorno dall’Avana.
In cambio di Alan Gross, agente della CIA, detenuto a Cuba per azioni terroristiche, Obama ha liberato, ieri, tre dei cinque cubani prigionieri negli USA dal settembre 1998, accusati di terrorismo (due erano già stati liberati).
In realtà, cercavano di evitare, in Florida, iniziative terroristiche di gruppi anticastristi. E sono stati usati come  carne da macello dall’ FBI e da gruppi di destra per impedire, in quell’epoca, il riavvicinamento tra USA e Cuba.
Il tribunale di Atlanta aveva ammesso, all’unanimità, che le sentenze applicate a tre dei cinque cubani (Hernández, Labañino e Guerrero, liberati ieri) mancavano di fondamento giuridico: non c’è stata trasmissione di informazioni militari segrete, né è stata messa a rischio la sicurezza degli USA.
Come mi ha detto la presidente Dilma, nell’incontro che come teologi abbiamo avuto a Brasilia il 26 novembre, Francesco è, senza dubbio, il grande leader mondiale in questo mondo carente di figure in cui si possa confidare e per le quali si possa provare rispetto.

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