Rete di Quarrata – Lettera Maggio-Giugno 2017

Carissima, carissimo,
niente è più umanitario, sociale, politico, etico e spirituale che soddisfare la fame dei poveri della Terra. Dom Helder Camara, brasiliano, vescovo dei poveri diceva: “Se tu fossi in estasi davanti a Dio e un affamato bussasse alla tua porta, lascia il Dio dell’estasi e vai a servire l’affamato. Il Dio che hai lasciato nell’estasi è meno sicuro del Dio che troverai nell’affamato”. Gesù stesso era pieno di compassione e ha soddisfatto con pane e pesci centinaia di persone affamate che lo seguivano. Al centro del suo messaggio c’è il Padre Nostro e il Pane Nostro quotidiano. È erede di Gesù solamente chi tiene sempre insieme il Padre Nostro con il Pane Nostro. Solo questa persona può dire Amen=Si a Dio!.

I livelli di povertà globali sono scioccanti. Secondo Oxfam, che misura ogni anno i livelli di disuguaglianza nel mondo, nel gennaio 2017 si accertò che 8 persone da sole hanno un reddito equivalente a quello di 3,6 miliardi di persone, vale a dire circa la metà dell’umanità. Questo fatto è più significativo della semplice parola “disuguaglianza”. Eticamente e politicamente questo fatto si traduce in una spaventosa ingiustizia sociale e, nell’ambito della fede giudaico-cristiana, questa ingiustizia sociale è un peccato sociale e strutturale. La povertà è sistemica, perché è il risultato di un tipo di società che si propone di accumulare sempre più beni materiali senza alcuna considerazione umanitaria (giustizia sociale) o ambientale (giustizia ecologica) papa Francesco con la sua Laudato si, le ha accorpate in “ecologia integrale”. Questa società presuppone persone crudeli, ciniche e senza alcun senso di solidarietà, quindi, un contesto di elevata disumanizzazione e di barbarie. In Brasile, anche se molto è stato fatto per fare uscire il paese dallo spettro della fame, dopo il grande progetto Fame Zero di Lula, che ha tolto dalla fame 40 milioni di impoveriti, ci sono ancora 20 milioni di persone che vivono in estrema povertà. Con il suo programma “Brasile amorevole” la legittima presidenta Dilma Rousseff si era prefissa lo scopo di portare tutte queste persone fuori da questa situazione disumana.
La Teologia della Liberazione e la chiesa che sta alle sue spalle, nascono da un attento studio della povertà. La povertà si legge come oppressione. Il suo opposto non è la ricchezza, ma la giustizia sociale e la liberazione. L’opzione per i poveri contro la povertà è il marchio di fabbrica della Teologia della Liberazione. Ha distinto tre tipi di povertà. La prima è quella di chi non ha accesso al paniere alimentare di base né ai minimi servizi sanitari. L’approccio tradizionale è stato: quelli che hanno aiutino a quelli che non hanno. Così è nata una vasta rete di assistenzialismo e di paternalismo che aiuta puntualmente i poveri, ma li tiene dipendenti da altri. La seconda lettura del povero sosteneva che i poveri hanno qualcosa; possiedono infatti l’intelligenza e la capacità di professionalizzarsi. Così possono entrare nel mercato del lavoro e organizzare la propria vita. Questa strategia è corretta, ma politicamente non prende conoscenza del carattere conflittuale del rapporto sociale, mantenendo chi esce dalla povertà all’interno del sistema che continua a produrre poveri. Lo rafforza inconsciamente. La terza interpretazione del povero parte da quello che il povero ha e, quando viene a conoscenza dei meccanismi che rendono poveri (sono impoveriti e oppressi), si organizzano, pianificano un nuovo sogno di una società più giusta ed egualitaria, diventano una forza storica in grado, insieme ad altri, di dare nuova direzione alla società. Da questo punto di vista sono nati i principali movimenti sociali, sindacali e altri gruppi coscientizzati della società e delle chiese. Da loro si aspettano trasformazioni sociali.
Brasile e politica. Dopo la destituzione della presidente Dilma Rousseff con un “golpe di Stato”, un altro impeachment si avvicina al vertice del potere politico brasiliano, stavolta per il presidente Temer, espressione della più alta borghesia, che ha allungato la giornata lavorativa a 12 ore, aumentato l’età pensionabile, tagliato le spese sociali dell’80%, tolto il ministero dello Sviluppo Agrario ecc…
Temer sta avendo il grande pregio di ricompattare i Movimenti Sociali e i partiti di opposizione i quali stanno occupando piazze e strade nelle più importanti città, chiedendo con forza elezioni anticipate.
Migranti e accoglienza. Non servono le polemiche strumentali in merito ai salvataggi dei migranti da parte delle ONG ma fare chiarezza se ci sono dubbi. Questo è l’invito da fare a chi mette in dubbio l’operato delle stesse. Perché chi protesta non si imbarca sulle navi per verificare direttamente il loro operato? Altrimenti si fa solo una polemica sterile e senza prove. Credo che le ONG sarebbero predisposte ad accoglierli. La polemica è portata avanti da chi non prospetta alcuna soluzione per salvare vite in mare.
Urge e necessita per fugare ogni dubbio, per salvaguardare il duro lavoro a cui sono sottoposti questi operatori, per la dignità dei richiedenti asilo e rifugiati che tutti sappiamo che fino a quando non si creeranno canali legali di ingresso, l’opinione pubblica farà l’equazione più grave, semplicistica e populistica, cioè che viaggi e tratta delle persone stanno finanziando il terrorismo e la morte in Europa.
Urge e necessita che le indagini vadano avanti per togliere ogni dubbio senza e non per distrarre l’attenzione dal problema vero, che è salvaguardare le vite di tanti richiedenti asilo e rifugiati.
Strumentale è l’ipocrisia e la vergogna di politici chiusi e ottusi, al solo fine di non salvaguardare un diritto fondamentale in democrazia; salvare vite umane, perchè stanno morendo sempre più donne, uomini e bambini, non solo nel Mediterraneo. Non è altro che una polemica strumentale per portare lontano dall’impegno vero che dovrebbe essere di tutti i Paesi europei e i cittadini, di fronte a un dramma che sta continuamente crescendo e chiede più accoglienza.
Urge e necessita più Europa aperta, più capacità di fare un salto di qualità: organizzare canali umanitari sicuri e il ricollocamento dei migranti nel contesto europeo, per dare un reale segno di responsabilità.
Il solo soccorso in mare non può essere la sola risposta e non sarebbe così necessario se l’Europa stabilisse vie legali di accesso, decidendo di gestire in maniera progettuale l’arrivo dei migranti e soprattutto non lasciando morire le persone in mare come di fatto sta facendo da molti anni, lasciando principalmente all’Italia il compito di ruolo umanitario. In questi primi mesi dell’anno fonti ufficiali registrano un forte aumento di migranti rispetto allo stesso periodo del 2106. Fino a questo momento gli accordi con le “autorità” libiche, con la finalità di contenere emigrazioni e contrastare il traffico, non si sono rivelate efficaci. Si tratta, quindi, di un sostanziale nulla di fatto: le persone continuano a morire in mare, le traversate sono sempre più pericolose e l’Europa continua a non affrontare in un modo politico serio e unitario il problema. I Governi devono attivare canali umanitari sicuri per chi fugge, il solo soccorso in mare non può mai essere “la soluzione”. L’Italia con l’operazione Mare Nostrum prima e adesso con il soccorso delle navi di ONG, é da sempre in prima linea nel salvataggio di vite umane. Azione fondamentale che ci fa onore , ma che non sarebbe così necessaria se l’Europa stabilisse vie legali d’accesso, decidendo di gestire in maniera progettuale l’arrivo dei migranti e soprattutto non lasciando morire le persone in mare. Lasciarli morire in mare o direttamente in Libia non fa alcune differenza. L’Europa ha la responsabilità politica di evitare che muoiano innocenti, facendosi promotrice di “veri” tavoli diplomatici che pongano fine alle principali crisi in atto. Fermare l’invio di armi che l’alimentano è il vero imperativo. Negli ultimi 15 anni gli Stati Uniti hanno speso in interventi operativi diretti in Medio Oriente 6.000 miliardi di dollari, una cifra attraverso la quale si può ricreare il mondo.Infine, mi ha fatto molto riflettere una scritta a pennarello su un foglio di carta che ho trovato all’ingresso dello studio nella casa di amici di Brescia che alcune settimane fa mi ha ospitato nella loro casa: “fino  a quando noi venderemo armi, loro ci invieranno rifugiati”.
Il 26 giugno di 50 anni fa moriva don Lorenzo Milani, una malattia trascurata ce lo ha portato via giovanissimo. Un prete incandescente, ma lontano anni luce dallo stereotipo del prete ribelle. Un prete perseguitato da una Chiesa che ha sempre amato e che non ha mai voluto lasciare. Un prete che amava la Chiesa come papa Francesco.
Per la brevità della sua vita, per l’intensità della sua esistenza, don Lorenzo è stato vittima fin da subito e per sempre di un forte riduzionismo. Non aveva la vocazione dell’eroe solitario: voleva essere parte, voce, espressione della Chiesa. Ha sempre rivendicato questo, anche in modo violentissimo. Ha subito dalla sua Chiesa, un trattamento di ferocia inaudita. E’ stato perseguitato, non semplicemente criticato; la stessa scelta di inviarlo da Calenzano a Barbiana è stata presa non per punirlo, ma per ucciderlo, per spezzarlo. E’ stata solo la sua anima profonda che ha fatto si che Barbiana, invece che una prigione, diventasse un trono e una cattedra. La Chiesa cattolica non si può limitare a rendergli onore tardivo; tutto deve essere risarcito non con benevolenza, ma attraverso atti di giustizia, che dica davanti a dio che quella di don Milani è una testimonianza cristiana. Che papa Francesco, incontrando il mondo della scuola, pronunciasse il suo nome in piazza San Pietro, nessuno lo avrebbe immaginato, comevisitarlo a Barbiana, dopo aver reso omaggio a don Primo Mazzolari a Bozzolo. Credo che la figura di don Milani sia utile per conoscere alcuni tratti di Francesco. L’accusa che gli veniva fatta dalla Chiesa era di essere un comunista, un agitatore sociale; espressioni, queste, usate dal fronte opposto come un complimento. La cosa che va compresa è che in don Milani non c’è una militanza politica chiusa dentro un linguaggio politico, ma una forza profetica. I gesti di don Milani sono gesti profetici. Tutto ciò ci aiuta a capire Francesco; la predicazione del Vangelo nelle periferie, in uscita, non vuole dare parole d’ordine o ideologiche alla Chiesa. Per il Papa ha un senso se esprime l’autenticità cristiana del Vangelo, costi quel che costi.
Antonio

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