Pensieri in libertà – di Filippo Cavorso

La guerra in Afganistan, la più lunga della storia USA, oltre 10 anni di conflitti, vite umane, denaro, tempo e impiego delle energie, a che scopo?

L’Afganistan prima della guerra produceva l’85% dell’eroina mondiale, durante il conflitto il paese asiatico è arrivato al 95% avendo il monopolio mondiale della produzione seguita da Mian Mar e Messico.

Non so se ci sia di fondo un reale interesse ad aiutare la popolazione afgana, a portare il popolo ad una democrazia, allontanando l’estremismo della sciaaria dettata dai ferrei combattenti mushaidin.

La paura è che, come successo molto volte, in Libia, Iraq, il paese venga abbandonato e lasciato in mano a bande locali che spadroneggiano indisturbate e a farne le spese sono sempre i civili specie chi in questi anni ha appoggiato i contingenti alleati sperando in un cambiamento.

Credo a volte che l’inasprimento delle posizioni estremiste sia il frutto di invasioni ingiustificate, eseguiti su futili motivi o su complotti veri e propri, a causa di popoli con culture diverse rispetto a chi comanda il mondo o paesi con risorse minerarie o business importanti dietro le quinte.

Guerre inventate le chiamo io; ma non sarebbe stato meglio lasciare il mondo com’era e che il tutto mutasse con le proprie tempistiche? Odio genera odio e quando sento ai telegiornali che il presidente USA vuole rispondere a degli attacchi dei nemici con il fuoco provo rabbia e mi domando come non riescano a capire che prima o poi qualcuno deve mollare sennò andremo avanti all’infinito rovinando quella splendida cosa per la quale lottiamo tanto a cui a volte non diamo il giusto valore, chiamata vita.

Sta tutto nella natura dell’uomo, questa fame di avarizia, potere e omologare tutti in una direzione per poterci controllare meglio, farci fare quello che vogliono loro.

Ho sempre cercato un posto dove non esistesse la guerra, l’odio, dove tutti erano uguali, si volessero bene, senza interessi. Ho trovato questo a Sanpa. Trovare l’amore nelle relazioni, nella condivisione, nel donarsi agli altri è una forma di benessere superiore che va oltre il sesso, oltre il potere, oltre il piacere del puro materialismo, e capisco che le innumerevoli distrazioni offerte dalla società allontanano l’uomo da questo giardino dell’Eden.

Il Che diceva, in uno dei suoi innumerevoli scritti, che ci voleva un’uguaglianza sociale in modo tale da non creare classi sociali che portano a confronti spesso malsani, che portano malesseri, invidia, che porta un individuo a sentirsi meno di un altro e li l’arcobaleno della pace si allontanava sempre di più.

Uguaglianza porta l’uomo a trovare piacere nelle cose veramente essenziali della vita, ma ci vuole intelligenza e condizioni favorevoli per cogliere certi concetti.

Cosa c’è di più bello dell’avere culture diverse nel mondo?

I paesi e i popoli più ricchi e sviluppati dovrebbero insegnare ai più affaticati come portare innovazione con rispetto della propria storia e della propria cultura, invece sono proprio loro a portare morte, a invadere solo per interessi personali dove l’avarizia spadroneggia, affossare l’altro per crescere io.

Ma quando capiranno che essere felici è vedere gli altri stare bene, è far stare bene chi è intorno a te.

Vedo queste persone limitate anche se probabilmente loro si sentiranno i più forti del mondo.

In Venezuela, come in molti altri paesi del Sud America, non esiste il ceto medio, ci sono il 30% di ricchi e il 70% di poveri, i ricchi vivono in case con fili ad alta tensione intorno, sembrano carceri di lussi e fuori gente, il popolo, chi è nato nella stessa città, chi parla la tua stessa lingua, chi respira la tua stessa aria, chi la notte alza gli occhi al cielo e guarda le tue stesse stelle, e li che a stento mette un piatto di riso a tavola.

A volte mi sento strano, mi sento diverso, non della mia generazione, mi dico: “ Cazzo ma certe domande me le faccio solo io, certe cose le vedo solo io”.

Non lo so, quello che so è che in Italia non c’è nessun partito che mi rappresenta, vedo tutti litigare per il potere senza lottare per la cosa principale per tutti: il benessere del popolo.

Sento che devo fare qualcosa, non so come ma dovrò impiegare le mie energie per provare a cambiare la rotta di questo transatlantico ormai alla deriva.

Vogliamoci bene, i cattivi non fanno fatica a fare cose brutte mentre i buoni si devono sforzare per lottare contro i cattivi, perché i buoni vorrebbero fare un’altra vita, nella pace, nell’armonia, ma l’essere buoni gli da anche quel marchio sulla schiena, la responsabilità di diffondere la bontà nel mondo.

Spero di stare bene, di trovare la forza nei momenti dello sconforto, la sicurezza nei momenti della paura, di essere lucido quando la mia emotività proverà a trascinarmi con se e spero che la mia missione lasci una scia di benessere e amore.

Lotta solo per le cose senza le quali non vale la pena vivere.

 

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