Differenze radicali – di Mario Mariotti

Con più passa il tempo più mi accorgo dell’importanza del punto di vista esistenziale dal quale noi partiamo per esprimere i nostri giudizi, fare le nostre scelte, adottare i nostri comportamenti. Se noi siamo fra coloro che hanno già mangiato, bevuto, hanno un luogo in cui abitare ed un lavoro sicuro, per noi ‘l’andare dell’uomo su Marte é un evento eccezionale, che fa fare un altro enorme passo alla storia dell’umanità. Se noi, invece, siamo fra coloro che non hanno ancora mangiato, o non a sufficienza; stiamo per essere cacciati da dove abitiamo perché, non avendo un lavoro, non riusciamo a pagare l’affitto, ecco che, per noi, lo stesso evento é una specie di bestemmia, che colloca il “Fratelli tutti” di papa Francesco in un sito ancora più lontano di Marte; ed il passo enorme dell’umanità é nel senso di  una sempre maggior alienazione dell’umanità stessa. 

Lo stesso discorso vale in rapporto al nostro giudizio sull’utopia della fratellanza tentata dal Comunismo, ed oggi, purtroppo, in catalessi se noi facciamo parte del popolo di coloro che sono liberi dal bisogno, del popolo dei garantiti, per noi, la libertà d’espressione è il valore fondamntale della democrazia; quando noi eravamo ancora privi del necessario per vivere, esposti alla logica della, competizione e risultati “perdenti”, per noi il primo valore non era la libera espressività, il poter fare quello che si vuole, ma la libertà dal bisogno, ed il Comunismo era il progetto per realizzarla.

Continuando la riflessione sull’importanza del punto di vista da cui partia mo, ci sono delle differenze radicali anche fra il modo di concepire il Natale ed il sacrificio della Croce, a seconda che uno abbia addosso le lenti a contatto della religione, oppure che si stia dando da fare per vivere nella logica dell’Incarnàzione. Per la religione il Natale é la nascita del Salvatore; ed il sito in cui nasce allude alla beatitudine é beatificazione della povertà. Per l’Incarnazione esso é la nascita di un Modello, di un Paradigma, da seguire e da imitare; il sito in cui nasce, invece, ci vuoi allertare sulla necessità di partire dal punto di vista degli ultimi per poterci aprire alla compassione, vedere la loro sofferenza, causata dalla non-condivisione dei primi, dei ricchi, che sono ciechi su di lei,

é costruire la fratellanza universale. Lo stesso vale per la concezione del Signore come “capro espiatorio”, come quell’uno che paga per tutti: Per la religione Esso é il fondamento di lei stessa, ed é lo strumento per realizzare la nostra salvezza attraveso il sacrificio di Lui, di chi paga per noi.

Per l’Incarnazione si tratta di un meccanismopartorito dall’egoismo dell’uomo,che vuole sfuggire dalle proprie’ responsabilità in rapporto al male causato al prossimo. Questa blasfemia dura da sempre, e sembra che quasi nessuno si accorga che essa allude ad un Dio crudele ed assetato di sangue che arriva a placarsi solo col sacrificio del Figlio mandato dagli altri Suoi figli e lasciato assassinare da loro per riconciliarsi con loro. 

Il sottoscritto, tutte queste cose, le sta scrivendo da anni; e sempre da anni viene sistematicamente censurato ed insabbiato, mentre esse, sempre a suo parere, sarebbero importanti da prendere in considerazione, da ascoltare per riflettere; perché vengono da mezzo secolo di frequentazione di coloro; dolore innocente e dolore causato dall’alienazione, crudeltà ed indifferenza degli uomini, che gli hanno insegnato il punto di vista da cui partire per costruire il Regno. Ma poi mi viene di pensare che il problema non é questo. Il vero problema é che nostro Signore non lo vuole ascoltare nessuno: i “credenti”, perché Lo hanno trasformato in Salvatore e non Lo seguono come Modello, i “laici” perche non hanno ancora metabolizzato il negativo della religione, e sono rimasti al libera Chiesa in libero Stato, ed infine gli “àtei”, perché Gsù, oltre ad essere laico, é anche “compagno”; e l’allergia allo “spezzare il pane fra noi” con gli ultimi come riferimento, sembra generale, ecumenica; sembra riunire tutto il genere umano. Sarà sempre così? Capiremo mai, anche per salvare noi stessi, che dobbiamo uscire dal nostro “ìo”, porci nei panni dell'”altro”, fare a lui ciò che vorremmo ricevere da lui?

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