Marcelo Barros

Spiritualità socialista partendo dagli impoveriti



La teoria del socialismo è nata in Europa e avrebbe voluto considerare la realtà dei lavoratori e l’urgenza di una giustizia internazionale in grado di apportare una maggior uguaglianza sociale. Andò invece sviluppandosi sempre all’interno degli ambienti intellettuali o della realtà operaia, senza mai riuscire a dialogare veramente con la massa dei poveri e senza mai riuscire ad avere una base nella realtà degli impoveriti.
In tutto il mondo, la stessa repressione dei regimi di destra determinava l’isolamento dei partiti di sinistra, o comunisti. Il socialismo accettato era praticamente sinonimo di social-democrazia, che ricorre a tale definizione per tutto quanto sia di interesse politico dei propri militanti. La caduta del comunismo nell’Unione Sovietica e nei paesi dell’Est europeo, insieme agli errori rivelatisi successivamente, hanno colpito molti militanti; come un anno dopo in America Latina, il fallimento della rivoluzione sandinista con la sua proposta di socialismo originale ed indigeno. Con il finire delle dittature e con l’instaurarsi, nella maggior parte dei paesi, di una democrazia formale, i cosiddetti gruppi socialisti erano piccoli gruppi attaccati a schemi mentali degli anni ’60 o intellettuali delusi dalla lotta stessa che, sempre più vanno avvicinandosi alla destra, come si è visto in Brasile, in Cile, ed anche in taluni paesi europei. Da alcuni decenni, nel frattempo, ha iniziato a prodursi un vero e proprio fermento in campo sociale. Sono sorti numerosi gruppi legati ai lavoratori rurali, agli operai, al popolo più povero delle periferie urbane, perfino ai bambini di strada e ai catadores -i raccoglitori di carta- nelle grandi città. Inoltre, fin dagli inizi degli anni ’90, le cosiddette commemorazioni dei 500 anni dalla conquista di spagnoli e portoghesi, hanno provocato, nel mondo chiamato dagli indios Abya Yala, un rinvigorimento di molti movimenti di cultura afrodiscendente e di rappresentanti dei popoli indigeni di tutto il continente. Di recente, il protagonismo di questi movimenti sociali ha raggiunto vittorie significative, quali l’elezione di presidenti della Repubblica, se non partecipanti attivi, comunque almeno alleati importanti della lotta pacifica e democratica degli impoveriti per la loro liberazione. E in vari paesi, organizzazioni indigene e settori di movimenti popolari, sono riusciti ad approvare una nuova Costituzione, pensata per garantire giuridicamente più uguaglianza sociale e maggior dignità del popolo impoverito.
Molti di questi gruppi si sono costituiti e sviluppati in comunità di Chiesa. Altri provengono da una militanza sociale e politica di opposizione alle dittature.
L’eterogeneità di questi gruppi ed il loro rapporto disuguale con la massa dei poveri non permette un’analisi semplice o unificatrice. Possiamo tuttavia dire che i gruppi e anche le persone che mantengono e sviluppano quello che il movimento dei lavoratori senza terra definisce “mistica”, hanno avuto maggiori possibilità di restare fedeli ai loro principi e coerenti con le loro proposte più profonde. Altri si sono persi nel caos e agli incroci dei cammini. Merita un approfondimento il concetto di “mistica”, che altri definiscono “spiritualità”. Chiedo scusa ai lettori italiani perché farò più riferimento alla realtà latinoamericana, ma attingo alla mia esperienza, a quanto veramente conosco. Saranno indubbiamente molti gli elementi che possono comunque essere applicati universalmente.

1 – Una mistica socialista popolare
Alcuni movimenti popolari chiamano mistica una motivazione, che viene dal vissuto più che di impronta intellettuale, che conferisce un senso profondo alla lotta ed al lavoro quotidiano. È la mistica della conquista della terra e del diritto dei poveri a far sì che padri di famiglia pacifici e senza alcuna esperienza sociale o politica affrontino la polizia, mettano a repentaglio la propria sicurezza e quella della loro famiglia, quando occupano terreni dai quali sanno che verranno espulsi e, non di rado, anche con la violenza. In molti casi, questa forza di mobilitazione viene dalla fede, e si esprime nella fiducia in Dio. Si sono verificati numerosi casi di occupazione di terra in cui i lavoratori rurali entrano, insieme alle famiglie, sul terreno reclamato, intonando inni religiosi e recando una croce o un altro simbolo religioso. E non lo fanno confondendo fede e politica, o con l’intento di sacralizzare un momento civile, bensì, giustamente, perché si tratta di un momento in cui la motivazione sociale e politica, da sole, non sono sufficienti per dar loro la forza di andare avanti. La dimensione religiosa precede il movimento sociale. Il popolo impoverito ha già, per tradizione, questo elemento. Ma confrontandosi con le esigenze dei movimenti e delle organizzazioni popolari, questa dimensione acquisisce una nuova espressione e assume un carattere di impegno per la trasformazione del mondo. Benché nessun lavoratore rurale la definisca così, si potrebbe parlare di spiritualità socialista, perché non è una devozione finalizzata alla sopravvivenza. Tutti sono consapevoli di essere responsabili per tutto il gruppo. Vi sono molti casi di militanti che, per proteggere i compagni, si espongono in prima persona, o assumono iniziative volte alla tutela degli altri. In genere, in Brasile, come anche negli altri paesi in cui sono presenti movimenti di lavoratori rurali (la Via Campesina è presente in tutta l’America Latina), questa spiritualità è cristiana popolare, legata al cattolicesimo popolare. Ma vi sono anche casi di comunità nelle quali molti dei membri sono cristiani di Chiese pentecostali.
Questa stessa spiritualità si ritrova in gruppi di
sofredores de rua -i sofferenti della strada- nelle grandi città, organizzati in cooperative di catadores -i raccoglitori di carta- e in movimenti di periferia urbana.

2 – Spiritualità a partire dal popolo
Quando i movimenti, le persone parlano di “popolare”, non si riferiscono alle grandi masse disorganizzate delle periferie o delle campagne, bensì a gruppi già organizzati e con una visione di vita determinata. Molti gruppi di Chiesa e anche alcune organizzazioni di classe media attingono a questa spiritualità di comunione con gli impoveriti e sviluppano una vera e propria spiritualità socialista che, seppur non direttamente popolare, è incentrata sulla solidarietà e sulla comunione con i più impoveriti e, per questo, può definirsi “spiritualità a partire dal popolo”.
Questa spiritualità nasce da una scoperta profonda, non solo intellettuale, ma data da un vissuto di sofferenze dovute alle ingiustizie e all’impoverimento prodotto nella maggioranza della popolazione del mondo. Tale constatazione che tocca in profondità l’essere, sollecita una risposta di impegno di vita, effettivo ed affettivo. Non è qualcosa che si possa vivere solo come consulente, consigliere o avvocato. È frutto ed espressione di un impegno personale che richiede un certo livello di comunione di vita e di destino verso i più poveri.
In moltissimi casi, questa spiritualità si è alimentata di letture e riflessioni bibliche e del metodo nato nel continente. Questo metodo indica che si deve partire dal contesto storico, collegando la parola biblica alla vita di oggi. La rilettura dell’Esodo biblico, dei profeti che si sono dedicati a portare la giustizia in Israele e la proposta di Gesù Cristo, intese come riferimenti di cammino e proposta di vocazione, hanno alimentato molti gruppi e movimenti popolari al servizio del popolo nel continente.
Ad un livello più complesso, questo processo viene approfondito dalla Teologia della Liberazione, che articola la riflessione della fede e della dottrina con questo impegno spirituale verso i gruppi che partecipano alla marcia o servono direttamente il popolo impoverito.

3 – Elementi di questa spiritualità
Senza dubbio, ogni spiritualità ha come radice e cardine il “lasciarsi condurre dallo Spirito di Dio”. Non si tratta di un processo spontaneo o automatico. Deve essere coltivato e nutrito come opzione di vita e come cammino personale che si possa esprimere sul piano comunitario. Si può svolgere in un metodo di appartenenza ecclesiale o religiosa e può anche essere semplicemente apertura di un’interiorità disponibile verso l’altro e verso la giustizia sociale. Per il cristiano, il riferimento a Gesù Cristo e alla sua proposta rappresenta un grande aiuto.
Como raccomandato da Gesù nel Vangelo
(Marco 1, 14), il primo passo di questa avventura è entrare in un processo di conversione che consiste nella “metanoia”, cioè nel cambiamento della mente, intesa come trasformazione di vita. È qualcosa che tocca nell’intimo, e che è legata al quotidiano, al modo di essere e di vivere, sul piano etico e nell’amore solidale e della misericordia.
Senza dubbio, come dice il teologo Jon Sobrino, questa solidarietà non può essere solo una successione di atti isolati di bontà, ma deve costituirsi come “principio” e orientamento fondamentale nella vita.
Pedro Casaldáliga definisce: “La solidarietà è l’incontro disinteressato di obiettivi comuni: lotte uguali, necessità di completarsi, affinità innata e effettiva adesione alla causa dell’altro, che è anche la tua causa”. Un martire latinoamericano diceva: “Solidarietà è assumere la responsabilità nei confronti del fratello minore” (Ignazio Ellacuria).
L’espressione più nota di tutto questo sono la vita e il martirio di Mons. Oscar Romero che diceva: “In quanto pastore ho l’obbligo di essere solidale verso chiunque soffra, e di impegnare tutta la mia vita nella difesa della dignità di ogni essere umano” (Monsignor Oscar Romero – 07/ 01/ 1979)
Come è già stato detto, questa tenerezza sul piano sociale si basa su un’opzione fondamentalmente etica. Vi sono ambiti normalmente di competizione e concorrenza, come la Politica partitistica e parlamentare, o il livello del potere esecutivo in cui questa opzione radicale e irrinunciabile è essenziale e divide il campo tra coloro che si trovano lì per servire il popolo, e quanti rimangono al potere per servirsi del popolo.
Questa attenzione etica si esprime anche nell’attenzione verso la natura e la sensibilità di tutela della Terra, dell’Acqua e di tutti gli esseri viventi. La filosofa e mistica Simone Weil esprime tutto questo quando dice: “Riconosco quando qualcuno è di Dio non per il modo in cui parla di Dio, ma per il modo in cui si rapporta con la vita e con il mondo”.

Traduzione dal portoghese di Flora Misitano