Pasqua 2011: un mare di croci

La cronaca di questo primo mese di primavera ci ha consegnato con raccapricciante evidenza una verità che sapevamo già, anche se ha sempre fatto comodo dimenticarla. Il Mediterraneo è un mare di croci: un cimitero di morti senza nome. Non solo perché custodisce i caduti di innumerevoli guerre, che riempiono i libri di storia. Da anni è il grembo che accoglie migliaia di viaggiatori della speranza, che mai hanno toccato terra. La Caritas ne stima dai 15 ai 20mila. Anche san Paolo fu naufrago nel mediterraneo, non molto lontano dalle coste che oggi respingono i barconi.
Nei volti dei sopravvissuti, nei loro racconti si percepisce un secondo naufragio collettivo: quello di una civiltà, la nostra, che si è fatta forte esportando per secoli i suoi modelli di sviluppo economico, i suoi valori civili, la sua religiosità. Li abbiamo propugnati e difesi come universali, cioè per tutti. Peccato, che ci siamo dimenticati che per essere davvero universali, sviluppo, valori e religione devono anche essere di tutti, nel senso che tutti vi devono accedere liberamente. Questo non è accaduto: così insieme al tragico naufragio di molti migranti, figli di uno sviluppo mancato, assistiamo anche al naufragio del mondo degli universali.
Non sono più universali i diritti umani, se un Paese può negare impunemente l'ospitalità al fuggiasco. Non sono più universali i modelli di sviluppo basati sull'uso razionale e pacifico dell'intelligenza economica, se si vanno a prendere le risorse energetiche dove sono, ammettendo l'uso della violenza militare. Non sono più universali neppure le religioni, se il cristianesimo di casa nostra non sembra capace di ispirare nei cattolici e nelle parrocchie un movimento potente di ospitalità, che superi ottuse tattiche xenofobe.
La domanda che questa Pasqua ci rivolge riguarda ancora una volta il futuro. Ci sarà risurrezione per questi naufraghi? E per noi, non meno naufraghi di loro? Intravvediamo segnali di un mondo nuovo, figlio dell'amore di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti? Purtroppo, non li vediamo nelle politiche nazionali e internazionali, ridotte a navi alla deriva con timonieri incapaci, o corrotti, tele-guidati da poteri nascosti. Li vediamo invece nella gente di Lampedusa di Manduria, così come ci viene raccontata dai reportage liberi dalle logiche di regime. In chi apre i propri armadi per rivestire i sopravvissuti del mare. In chi apparecchia la tavola per integrare le povere mense dei centri di prima accoglienza. Questa gente senza nome ma non senza cuore è la nuova Maddalena e il nuovo Giovanni, che accorrono di buon mattino al sepolcro per completare la pratica della sepoltura e invece scoprono che il morto è vivo! Finché ci saranno Maddalene e Giovanni così, ci saranno fiori davanti alle croci del Mediterraneo. E ci sarà davanti a noi una freccia che indica la strada del cammino verso la vita piena. L'ospitalità ridà la vita e la dignità. l'ospitalità dà senso alle croci. Noi crediamo nella risurrezione di Gesù dalla morte e per questo crediamo che il mare delle croci diventerà presto il mare dell'ospitalità. 
Antonio Vermigli