«L’Italia s’è desta». Forse che sì! Forse che no? di Paolo Farinella, prete
03/02/11 00:03 Categoria Opinioni
L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Per questo principio molti giovani ventenni hanno dato la vita, hanno consumato la loro giovinezza diventando adulti in un batter d’ali. Il risultato di tanto sacrificio, dolore e morti che ancora oggi popolano le nostre case è di ritrovarci non in una repubblica, ma in un sultanato, dove un pazzo malavitoso manipola prostitute nominate assessori e che si vantano di potere rinunciare a due mila euro pur di restare a vicino casa. Le frequentatrici della casa di prostituzione del presidente del consiglio, aspirano a cariche pubbliche perché così il padrone le può usare e buttare, a spese degli Italiani, più di un terzo degli quali ancora lo appoggiano nonostante abbia violentato le loro figlie e indotto le nipoti minorenni a prostituirsi e a mentire anche sotto giuramento. Ricco/ladro, potente/impotente e scellerato/spergiuro individuo che si crede un «dio», mentre le stesse ragazze che lo divertono lo rendono ridicolo e pietoso.
Una repubblica ridotta a postribolo, dove ormai le istituzioni stesse sono camerini di magnaccia che credono di avere comprato con il voto rubato anche il nostro onore e la nostra dignità. Colpisce in modo tragico che la gerarchia cattolica sia smarrita più di ogni altro perché sembra di avere perso la bussola se è vero, come è vero che arriva non solo troppo tardi, ma quando arriva bela come una pecorella appena nata per paura dell’aria e della luce. Una gerarchia cattolica che vive nel buio e lascia nel buio coloro che dovrebbe illuminare con i principi del vangelo e la ricerca senza condizioni del bene comune.
La gerarchia fatta dai Bertone, dai Bagnasco, dai Fisichella, dai Crociata, uomini travestiti da donne e per giunta mascherati quotidianamente da carnevale, che si spingono a dire una parola in più solo dopo che il popolo cristiano alza un po’ di più l’asticella della esasperazione e stanno sempre alla finestra per vedere dove spira il vento per adeguarsi e non perdere l’abitudine a d assuefarsi.
Il 21 gennaio 21010, Bertone, prima donna vaticana, dice che «la Chiesa spinge e invita tutti, soprattutto coloro che hanno una responsabilità pubblica in qualunque settore amministrativo, politico e giudiziario, ad assumere l´impegno di una più robusta moralità, di un senso di giustizia e di legalità». Forse vuole una moralità che si alleni in palestra. Peccato che si dimentica di dire che anche lui, Bertone, lo frequenta con maggiore assiduità delle prostitute minorenni per compiere insieme a lui peccati impuri contro la decenza e la democrazia, quando cerca di sostenere questo governo fomenta la divisione del Paese, alimenta l’immoralità pubblica, spinge all’evasione delle tasse, fa eleggere in parlamento le signorine che gli sostengono il deretano «flaccido», che promuove mafiosi e disprezza ogni legge, legalità e moralità pubblica e privata.
Poi segue Bagnasco il quale, ormai allucinato davanti all’evidenza, si compiace di dire il 25 gennaio 2011 che «La collettività guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale». Roba da infarto. Dicono i chierici turiferari, che aveva accanto uno staff con bombole d’ossigeno, nel caso l’eminenza crollasse per lo sforzo a rischio di ernia rosso porpora. Poi per dire che faceva sul serio (perché i preti hanno come orizzonte il mondo intero e l’ecumenismo soporifero) continua: «Si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci - veri o presunti - di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l'ingente mole di strumenti di indagine».
Sono convinto che questa allusione ai giudici di Milano sia stata concordata con Gianni Letta, nobiluomo di sua provvisoria santità, portiere di notte e finto di giorno. Così la destra ha la possibilità di tralasciare la prima parte della frase e attaccarsi, avvinti come l’edera, alla seconda. L’autorevolezza morale del cardinale che dal prostituto Berlusconi prende i soldi del riciclaggio, della mafia, dell’evasione fiscale e della droga per finanziare le scuole che dovrebbero educare i ragazzi, splende e risplende con le parole, appena sussurrate, e anche contro vento, «sgomento, disagio». Basterebbe che si sistemasse meglio sulla poltrona e il disagio scompare.
Infine arriva il vice di Bagnasco (la gerarchia cattolica va sempre in ordine decrescente: Vaticano, Cei, segretario-Cei), mons. Crociata che il 28 gennaio parla di «disastro antropologico» e non volendo proprio prendersela con Berlusconi sbotta in un generico pastrocchio allegorico-nebuloso, invitando «a superare le risse, le guerre di tutti contro tutti, senza cadere in partigianerie». Ecco, c’è un debosciato cha ha ridotto l’Italia in una porcilaia istituzionale e morale e il segretario della Cei si rivolge a «tutti», cioè anche a voi e vi dice che dovete preservarvi dalla «partigianerie». Forse intende che dobbiamo stare un giorno con Berlusconi e l’altro contro chi è contro Berlusconi. Poveretti, questi vescovi miserabili d’accatto, da servi della Parola sono diventati schiavi di un sistema corrotto e immondo, di cui sono complici e anche artefici.
Se prendete i miei scritti e i miei interventi, da anni parlo del berlusconismo come virus che ha modificato la struttura antropologica del popolo italiano. Ora lo dicono anche i vescovi. Non c’è più religione e non c’è più ritegno. Non vi sembra che dovrebbero darmi i diritti d’autore? I buoi però sono scappati e ora è facile parlare e gridare o belare. Quando tutti scappano, anche i conigli ruggiscono.
Diffondiamo l’invito ad andare a votare per raccogliere 10 milioni di firme del Pd w chiedere le dimissioni del sudicio Berlusconi e del suo lercio governo. Andiamo in massa: in nome della nostra dignità, in nome dell’onore dei nostri figli, in nome della legalità e dell’amore a questo sventurato Paese. Sosteniamo come possiamo la campagna di difesa dei giudici promossa da Michele Santoro e altri, difendiamo il Diritto e la Costituzione in se stessi perché se oggi tacciamo, domani quando vorremmo gridare ci sarà impedito anche di parlare e respirare. «Dalla peste, dalla fame, dalla guerra, da Berlusconi e da Bertone, liberaci, o Signore!».
Una repubblica ridotta a postribolo, dove ormai le istituzioni stesse sono camerini di magnaccia che credono di avere comprato con il voto rubato anche il nostro onore e la nostra dignità. Colpisce in modo tragico che la gerarchia cattolica sia smarrita più di ogni altro perché sembra di avere perso la bussola se è vero, come è vero che arriva non solo troppo tardi, ma quando arriva bela come una pecorella appena nata per paura dell’aria e della luce. Una gerarchia cattolica che vive nel buio e lascia nel buio coloro che dovrebbe illuminare con i principi del vangelo e la ricerca senza condizioni del bene comune.
La gerarchia fatta dai Bertone, dai Bagnasco, dai Fisichella, dai Crociata, uomini travestiti da donne e per giunta mascherati quotidianamente da carnevale, che si spingono a dire una parola in più solo dopo che il popolo cristiano alza un po’ di più l’asticella della esasperazione e stanno sempre alla finestra per vedere dove spira il vento per adeguarsi e non perdere l’abitudine a d assuefarsi.
Il 21 gennaio 21010, Bertone, prima donna vaticana, dice che «la Chiesa spinge e invita tutti, soprattutto coloro che hanno una responsabilità pubblica in qualunque settore amministrativo, politico e giudiziario, ad assumere l´impegno di una più robusta moralità, di un senso di giustizia e di legalità». Forse vuole una moralità che si alleni in palestra. Peccato che si dimentica di dire che anche lui, Bertone, lo frequenta con maggiore assiduità delle prostitute minorenni per compiere insieme a lui peccati impuri contro la decenza e la democrazia, quando cerca di sostenere questo governo fomenta la divisione del Paese, alimenta l’immoralità pubblica, spinge all’evasione delle tasse, fa eleggere in parlamento le signorine che gli sostengono il deretano «flaccido», che promuove mafiosi e disprezza ogni legge, legalità e moralità pubblica e privata.
Poi segue Bagnasco il quale, ormai allucinato davanti all’evidenza, si compiace di dire il 25 gennaio 2011 che «La collettività guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale». Roba da infarto. Dicono i chierici turiferari, che aveva accanto uno staff con bombole d’ossigeno, nel caso l’eminenza crollasse per lo sforzo a rischio di ernia rosso porpora. Poi per dire che faceva sul serio (perché i preti hanno come orizzonte il mondo intero e l’ecumenismo soporifero) continua: «Si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci - veri o presunti - di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l'ingente mole di strumenti di indagine».
Sono convinto che questa allusione ai giudici di Milano sia stata concordata con Gianni Letta, nobiluomo di sua provvisoria santità, portiere di notte e finto di giorno. Così la destra ha la possibilità di tralasciare la prima parte della frase e attaccarsi, avvinti come l’edera, alla seconda. L’autorevolezza morale del cardinale che dal prostituto Berlusconi prende i soldi del riciclaggio, della mafia, dell’evasione fiscale e della droga per finanziare le scuole che dovrebbero educare i ragazzi, splende e risplende con le parole, appena sussurrate, e anche contro vento, «sgomento, disagio». Basterebbe che si sistemasse meglio sulla poltrona e il disagio scompare.
Infine arriva il vice di Bagnasco (la gerarchia cattolica va sempre in ordine decrescente: Vaticano, Cei, segretario-Cei), mons. Crociata che il 28 gennaio parla di «disastro antropologico» e non volendo proprio prendersela con Berlusconi sbotta in un generico pastrocchio allegorico-nebuloso, invitando «a superare le risse, le guerre di tutti contro tutti, senza cadere in partigianerie». Ecco, c’è un debosciato cha ha ridotto l’Italia in una porcilaia istituzionale e morale e il segretario della Cei si rivolge a «tutti», cioè anche a voi e vi dice che dovete preservarvi dalla «partigianerie». Forse intende che dobbiamo stare un giorno con Berlusconi e l’altro contro chi è contro Berlusconi. Poveretti, questi vescovi miserabili d’accatto, da servi della Parola sono diventati schiavi di un sistema corrotto e immondo, di cui sono complici e anche artefici.
Se prendete i miei scritti e i miei interventi, da anni parlo del berlusconismo come virus che ha modificato la struttura antropologica del popolo italiano. Ora lo dicono anche i vescovi. Non c’è più religione e non c’è più ritegno. Non vi sembra che dovrebbero darmi i diritti d’autore? I buoi però sono scappati e ora è facile parlare e gridare o belare. Quando tutti scappano, anche i conigli ruggiscono.
Diffondiamo l’invito ad andare a votare per raccogliere 10 milioni di firme del Pd w chiedere le dimissioni del sudicio Berlusconi e del suo lercio governo. Andiamo in massa: in nome della nostra dignità, in nome dell’onore dei nostri figli, in nome della legalità e dell’amore a questo sventurato Paese. Sosteniamo come possiamo la campagna di difesa dei giudici promossa da Michele Santoro e altri, difendiamo il Diritto e la Costituzione in se stessi perché se oggi tacciamo, domani quando vorremmo gridare ci sarà impedito anche di parlare e respirare. «Dalla peste, dalla fame, dalla guerra, da Berlusconi e da Bertone, liberaci, o Signore!».